Quaderni della Pergola - Dove eravamo rimasti - Fondazione Teatro della Toscana

13 Quaderni della Pergola | È stato emozionante vedere da vicino queste carte originali di Eduardo e studiarle ‘dal vivo’? Profondamente emozionante, ne sono onorato. Da questo punto di vista riporto anche un piccolo aneddoto, che riguarda la scenografia di Tavola tavola, chiodo chiodo... Eravamo ancora chiusi, come detto prima, per il Covid e ci chiedevamo cosa avremmo potuto immaginare come scenografia una volta cominciata la tournée. Io dissi che, lavorando sui carteggi di Eduardo, una scrivania sul palco avrei dovuto averla e così Tommaso De Filippo offrì, per la scena, la scrivania che era veramente appartenuta a Eduardo. Gli risposi che avrei fatto delle foto per ricostruirla uguale e portarla in giro: in teatro non si usano gli oggetti originali, non me la sentivo… Alla fine Tommaso mi ha richiamato e ha detto: “Questa scrivania è in un deposito a Milano, sta ferma lì e non viene usata da nessuno. Secondo me le farebbe piacere tornare in scena”. E così è stato. Un aspetto che emerge da Tavola tavola, chiodo chiodo... è l’artigianalità del teatro. Il titolo deriva da una targa, che si trova proprio sul palcoscenico del San Ferdinando, con queste parole incise da Eduardo per Peppino Mercurio, suo macchinista per un’esistenza intera. Tavola dopo tavola, appunto, e chiodo chiodo, Peppino era stato il costruttore di quello stesso palcoscenico, distrutto dai bombardamenti. Un po’ io ci sono cresciuto con questo mito dell’artigianalità perché mi sono formato come “ragazzo di bottega” con Emilio Peluso, storico direttore di scena della vecchia scuola. Lui non aveva mai lavorato con Eduardo, ma mi citava sempre le parole di questa targa mentre mi insegnava il mestieFOTO FILIPPO MANZINI

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