Quaderni della Pergola - Dove eravamo rimasti - Fondazione Teatro della Toscana

42 | Quaderni della Pergola cambiamento climatico, i rivolgimenti politici, la guerra, l’idea di stabilire dei confini: sono tematiche che riguardano tutti e che influiscono sulla nostra quotidianità, sia di cittadini che di attori. Penso che sia fondamentale rifletterci, a partire dalla scelta dell’autore da portare in scena. C’è qualcosa che le piacerebbe sapere di essere riuscito a comunicare realmente ai giovani? Mi piacerebbe far arrivare un concetto primario: c’è bisogno della curiosità e dell’immaginazione, due caratteristiche a cui dobbiamo educarci a sperimentare per stare in scena. Occorre costantemente aggiungere legna al fuoco dell’immaginazione, perché in un’epoca così egoistica ed egoriferita è necessario far capire ai più giovani che nessuno di noi è sufficiente a se stesso. Dobbiamo trovare stimoli e passioni che sono altro da noi, per crescere e fare evolvere la nostra creatività: sono tanti i perché degli artisti. Questo discorso si persegue gradualmente e, soprattutto, per ogni interpretazione il punto di partenza sono l’analisi e lo studio, più che l’esibizione di uno stato d’animo. Cominciamo con un grande lavoro di approfondimento sull’autore: Camus è uno scrittore dal valore infinito, con una vita straordinaria, fatta di tanto teatro e anche di tanto impegno politico. I suoi testi hanno avuto un’importanza incredibile durante la Seconda guerra mondiale e, non a caso, è uno che è sempre uscito dai propri confini: è un francese nato in “Occorre costantemente aggiungere legna al fuoco dell’immaginazione, perché in un’epoca così egoistica è necessario far capire che nessuno di noi è sufficiente a se stesso” Africa, già questo aspetto lo segna inequivocabilmente. Ci si immerge nella complessità dell’autore su cui si lavora, concentrandoci sui molteplici spunti di riflessione: soltanto allora si può dare spazio all’immaginazione e cercare di trovare la maniera per decodificare tutto questo materiale di scritti e documenti, provando a mettere in scena la sua opera durante le prove. Camus parla del potere della poesia e, anche, analizza che cosa sia il potere: lo fa attraverso gli occhi di un giovanissimo Imperatore. Le sue parole si muovono tra le diverse generazioni e hanno a che vedere molto con il teatro: ecco perché credo che il Direttore Marco Giorgetti abbia acceso una luce su questa mia proposta. Si è rivisto personalmente, in qualche modo, nel percorso di questi giovani che aspirano a fare dell’incontro con la scena la loro professione? Mi ha colpito sentire quasi un senso di tenerezza nei loro confronti: vedi nei loro occhi anche un grande dubbio legato a questo mestiere, è un’età in cui professionalmente non è accaduto ancora niente di eclatante. Iniziano a fare le prime esperienze nelle varie Compagnie dopo avere terminato l’Accademia, che è comunque un ambiente molto protetto. Invece i primi anni in cui si esce nella trincea di questo lavoro – e non uso questo termine casualmente – devi tutelarti e cercare il tuo spazio vitale. Rivedo in loro il fuoco della passione, l’incoscienza che li spinge a volere fare questo mestiere assurdo e meraviglioso, ma allo stesso tempo c’è il timore di essere sicuri di volere questo tipo di vita. È anche per queste ragioni che avverto un’enorme responsabilità: si ha a che fare con un materiale umano, molto delicato, e bisogna averne cura.

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