Quaderni della Pergola - Dove eravamo rimasti - Fondazione Teatro della Toscana

44 | Quaderni della Pergola FERNANDO ARRABAL Per amore, solo per amore “Io sono un poeta e comprendo ‘i rinoceronti’ che ci circondano, anche se non è chiaro fino a che punto i rinoceronti ci tocchino…” Io credo di non meritarmi il teatro. Credo che tutta la mia vita sia stata non-meritata, ciò che il destino mi ha fatto vivere con gli altri esseri umani è stato inaspettato... Come posso oggi vivere senza i miei amici, icone dell’arte contemporanea: André Breton, Andy Warhol, Tristan Tzara? Come faccio a non incontrare Umberto Eco o Dario Fo? Fin da piccolo mi ricordo di mio padre, che fu condannato a morte per ribellione dai franchisti all’inizio della guerra civile spagnola, la cui pena fu commutata poi in trent’anni di prigione. Nel 1941 lui evade dalla prigione di Burgos e non se ne saprà più niente, nonostante le lunghe ricerche… Essere stato privato di mio padre è, ancora oggi, fonte di dolore. Ho continuato per tutta la vita a inseguire l’immagine di quest’uomo che, in qualche modo, rimane astratto per me: il teatro, soprattutto il mio teatro, è una taumaturgia, che si propone di guarire l’anima dell’essere umano, o per lo meno liberarla dai lacci della realtà. I franchisti volevano realizzare il concetto di Uomo nuovo, così come propagandavano Rousseau oppure Stalin: un individuo che rispondesse ai dettami di un’ideologia e di un regime di stampo dittatoriale. Oggi vedo che il mio teatro viene rappresentato dappertutto e anche la politica mi aiuta perché in tanti vogliono allestire opere sulla guerra. I miei testi, rappresentati in tutto il mondo, provengono dal teatro dell’assurdo di Ionesco e Beckett, toccano temi come la dimenticanza e il sogno, che costituiscono l’intreccio della narrazione. Ionesco è un poeta, con cui ho avuto la fortuna di convivere nel corso della mia esistenza, sulla Avenue du Montparnasse: è uno di quegli autori rarissimi di testi, che soggiacciono alla poesia. Ho sempre pensato che fossimo amici… Io sono un poeta e comprendo “i rinoceronti” che ci circondano, anche se non è chiaro fino a che punto i rinoceronti ci tocchino… L’arte di Ionesco è avanguardia, come, appunto dicevo poco fa, il teatro di Beckett, un mio grandissimo amico con cui giocavamo sempre a scacchi. Una volta, mentre stavamo giocando una partita insieme, sua moglie arrivò con un libro che parlava di “Beckett, Arrabal, Ionesco e Adamov, il teatro dell’assurdo” e Marco Giorgetti, Direttore Generale del Teatro della Toscana, Fernando Arrabal ed Emmanuel Demarcy-Mota, Direttore del Théâtre de la Ville. FOTO FILIPPO MANZINI

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