Quaderni della Pergola - Dove eravamo rimasti - Fondazione Teatro della Toscana

67 Quaderni della Pergola | frequenta altri prodotti di consumo culturale. Forse perché il palcoscenico continua ad essere, nonostante tutto, uno specchio dei nostri tempi. O molto semplicemente perché riconosciamo, seppur inconsciamente, che prima ancora che un fatto culturale il teatro sia un luogo di incontro tra persone. Diversamente dalla televisione, il cinema, il web e i social media, a teatro avviene un evento “dal vivo” che fonda la sua peculiarità sullo stare insieme e sullo stare vicini. L’attore sente «il fiato dello spettatore», per dirla con le parole del poeta e critico Elio Pagliarini, ne percepisce le reazioni, si rinvigorisce per i suoi applausi e le sue risate, o diventa fiacco quando avverte una platea fredda o indifferente. Lo stesso discorso vale per lo spettatore, elemento imprescindibile dell’evento teatrale. Lo sosteneva senza mezzi termini già nella seconda metà del Novecento Jerzy Grotowski, grande regista e teorico polacco: il teatro è «qualcosa che avviene tra l’attore e lo spettatore». Un qualcosa di indefinito e di indefinibile, una scintilla, un’emozione che può prendere forme diverse a seconda della poetica in cui si inscrive lo spettacolo, ma anche in relazione al bagaglio culturale, alla sensibilità e alla disponibilità del singolo spettatore. Verosimilmente del teatro ci affascina anche la sua essenza effimera, quel nascere e morire nel momento del suo stesso compiersi che lascia dietro solo sensazioni e ricordi, al limite qualche pallida traccia materiale come foto o video. Ogni replica è inevitabilmente diversa, e per questo unica. Probabilmente ci attrae la congenita ritualità del teatro. Chissà. Basti pensare che prima di raggiungere il nostro posto in sala dobbiamo soffermarci in uno spazio intermedio, il foyer, luogo di sospensione e di attesa, varco magico che ci trasporta in un’altra dimensione, quella dello spettacolo, che, per quanto fatta della stessa materia della vita, costituisce una nuova realtà rispetto a quella quotidiana. La separazione tra il nostro quotidiano e l’esperienza teatrale è ribadita dalle tre luci che avvisano l’imminente inizio dello spettacolo, e poi ancora gli attimi di sospesa oscurità e religioso silenzio prima dell’apertura del sipario. Entriamo nel regno di quella primaria esperienza, per dirla con le parole di Peter Brook, di essere «ascoltatori bambini attenti al racconto di una favola della buona notte ma anche adulti perfettamente consapevoli di tutto quello che sta accadendo». Del resto, il teatro, quando riesce a essere ciò che i suoi Maestri e visionari volevano che fosse, non può che diventare un’esperienza esistenziale che ci fa uscire diversi, anche se di qualche millimetro, da come siamo entrati. Marie Duplessis La Dame aux camélias, incisione del XIX sec. Paris Bibliothèque Nationale

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