69 Quaderni della Pergola | ESSERE GLAUCO MAURI “Ne ho fatti tantissimi di personaggi e non mi sono mai stancato, neanche a reinterpretare gli stessi ruoli. Per essere un bravo interprete bisogna aver vissuto la vita: se la vivi intensamente, ti arricchisce di tante cose. È la vita che mi ha riempito di idee” Sono onorato che mi abbiate dato questo riconoscimento, la laurea honoris causa alla carriera. Vorrei considerarlo come un riconoscimento non tanto all’attore, ma al lavoro di un uomo che ha dedicato 73 anni della sua vita all’amore per il teatro. Considero il teatro come una ginnastica dei sentimenti, per costruire e inventarmi, ancora una volta in più, un personaggio nuovo: un altro carattere non da recitare, ma da interpretare. Il teatro è un grande dono che mi è stato dato dalla vita, e che io ho cercato sempre di difendere. Anche per questa ragione, insieme a Roberto Sturno, dedicheremo in futuro le nostre possibilità ai giovani dell’Università La Sapienza di Roma: seguiremo degli appuntamenti con gli studenti, per parlare di ciò che abbiamo scoperto con il teatro, tentando di trasmettere loro la gioia e la passione di questo mestiere. Ho debuttato a teatro il 1 dicembre 1946: avevo 16 anni e 3 mesi, recitavo per la prima volta - allora dicevo ancora “recitare”, ora dico “interpretare” - nello spettacolo La Notte del Vagabondo. Si andava in scena in una chiesa sconsacrata, piena di seggiole e di panche. La guerra era finita da poco e l’unico modo per i ragazzi di potersi divertire era quello, riunirsi in dei luoghi comuni per svagarsi insieme. Un pomeriggio, stavo giocando a ping pong, venni invitato da un mio amico ad andare a teatro. Il direttore/regista mi guardò e mi disse: “Tu fai il suggeritore. Mettiti nella buca.” Dopo un po’ mi disse: “Hai mai recitato?” “No.” Così mi ha fatto uscire dalla buca del suggeritore e mi ha spiegato la storia che si rappresentava sulla scena: si trattava di un figlio scapestrato che tornava a casa, dopo avere ricevuto la notizia che il padre era in fin di vita. Mi ha invitato a dire la battuta finale e da quel momento mi ha fatto recitare… Sul palcoscenico provavo felicità, il gusto della scoperta e di provare a inventarmi una persona diversa da me. La sera del debutto, con il teatro affollatissimo e il vescovo in prima fila, andammo in scena. Verso la fine, dissi la battuta: “Papà, papà. Perdono… perdono”. Cala allora lentamente il sipario, composto da varie tele cucite insieme e che ci aveva regalato la Parrocchia di Sant’Agostino. Ad un tratto il sipario si blocca a metà strada. Io Glauco Mauri ha ricevuto la Laurea Honoris Causa all’Accademia di Belle Arti di Brera, per il fondamentale apporto alla cultura artistica del nostro Paese
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