71 Quaderni della Pergola | teatro, ho compreso come Eleonora Duse affrontava il palcoscenico. Posso dire che sulle mie spalle ci sono state le lacrime della Duse… La Compagnia Mauri-Sturno è stata fondata nel 1981; in questo viaggio l’amicizia tra me e Roberto Sturno è stata fondamentale. I nostri sforzi derivano dal fatto che volevamo capirci a vicenda. Lui ha cominciato questo mestiere con me: odio tutto ciò che è paternalistico e dico sempre che i veri Maestri sono quelli che non impongono la loro personalità, ma quelli che cercano maieuticamente di tirare fuori dai giovani le loro qualità. Roberto è uno dei più bravi attori che abbiamo in Italia: non parlo solo di qualità di carattere tecnico, indispensabili nel nostro lavoro, ma penso anche al valore umano. Nel corso del tempo il mio rapporto con il teatro non so se si sia trasformato… Devo dire che sul palcoscenico non ho mai avuto paura, anche se forse adesso avverto maggiormente la responsabilità. Se davanti a noi in platea ci sono due spettatori, oppure mille, noi diamo sempre il massimo delle nostre possibilità. Può esserci in sala anche un solo essere umano che recepisce quello che abbiamo da dire, che viene toccato dal sentimento del teatro. Questa è la forza degli attori. Ci sono degli attori che portano il teatro nella vita, così la loro verità umana diventa la professione. Io invece ho cercato di portare la vita nel teatro. Mi sono sempre rifugiato nel mio lavoro, ma il mio lavoro è la mia vita. Stare in palcoscenico significa anche stare in mezzo alla gente e captare la sensibilità, i problemi dell’umanità che ci circonda. Non credo assolutamente alle attrici e agli attori che vedono la loro esistenza devastata dal personaggio che interpretano. Ho una grande fortuna: in tutti questi anni ho avuto degli amici meravigliosi che si chiamavano Zio Vanja, Edipo, Re Lear, Macbeth: con queste figure ho discusso, mi hanno arricchito di esperienze e di emozioni umane. Io non mi porto dietro il personaggio, è lui che rimane dentro di me, ma come una vibrazione poetica. Interpretare i personaggi è una ginnastica continua: ogni carattere ha una sua dinamica, certe problematiche. Io mi diverto a scoprire come risolvere le varie questioni, i rapporti che intraprendono tra di loro. Ne ho fatti tantissimi di personaggi e non mi sono mai stancato, neanche ad interpretare gli stessi ruoli già fatti in precedenza. Per essere un bravo interprete bisogna aver vissuto la vita: se la vivi intensamente, ti arricchisce di tante cose. È la vita che mi ha riempito di idee. Ai giovani posso dire: “La fortuna aiuta gli audaci, ma anche gli audaci fanno fiorire la fortuna. Cercate sempre di fare quello in cui credete. Anche sbagliando: a volte uno sbaglio arricchisce più di una cosa che è subito giusta. Di un successo ne godi, ma un insuccesso ti fa riflettere. Sbagliare serve, perché ti costringe a porti delle domande”. “Stare in palcoscenico significa anche stare in mezzo alla gente e captare la sensibilità, i problemi dell’umanità che ci circonda”
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