Quaderni della Pergola - Dove eravamo rimasti - Fondazione Teatro della Toscana

75 Quaderni della Pergola | vederle il colore degli occhi, ma potevo vedere abbastanza per rimanere incantato; sfruttai ogni secondo per guardarla fin quando le luci non si abbassarono e poi… guardai lo spettacolo attraverso le sue espressioni, mi innamorai di lei e del Teatro contemporaneamente e in entrambi i casi fu amore a prima vista. Era la figlia di un funzionario dell’ambasciata inglese. Non riuscirò mai a descrivere i nostri pochi ma intensi incontri segreti, quando finalmente riuscì ad avvicinarla e parlarle, sempre grazie ai corridoi, agli angoli protetti che il Teatro ci offriva. Non riuscirò a descrivere quel primo e unico bacio, maldestro e goffo, ma pieno di emozione che riuscimmo a scambiarci. Passammo tutta l’estate in una sorta di sofferenza amorosa, ci vedevamo di sfuggita per le strade di una città meravigliosa, riuscivamo a lasciarci anche qualche biglietto, nei pressi della via del Teatro, ben nascosto perché nessuno potesse trovarlo. Poi la sera del primo spettacolo della stagione successiva, lei non c’era più. Riuscì a sapere che avevano trasferito il padre e così questa nostalgia e malinconia del Teatro, di qualcosa di sospeso che ti manca, ma a cui ti fa bene pensare, dentro me si amplificò. Nel frattempo i genitori poi invecchiano, ci si sposa… gli spettacoli e gli attori cambiano, ma non ho mai lasciato il mio palco numero 7, neanche quando è morta mia moglie… anzi ora quando riesco a convincerli ci porto i miei nipoti, spesso guardo gli spettacoli da solo, nessuno affolla più il mio palco. Quest’anno è successa una cosa insolita. Un mercoledì di gennaio, mi accingevo a guardare l’ultimo spettacolo con Glauco Mauri: Interno Bernhard, poco prima che le luci si spegnessero dal palco di fronte a me, ho percepito due occhi che guardavano nella mia direzione: erano quelli di Margareth; di colpo è stato tutto chiaro, come se il tempo si fosse fermato, al di là del colore dei nostri capelli, della linee che solcano i nostri volti, niente è cambiato. Anche lei era da sola e ho fatto quello che avrei voluto fare 50 anni fa, sono andato a sedermi accanto a lei; prima però ci siamo dati un abbraccio lunghissimo, tanto che lo spettacolo è iniziato e noi siamo rimasti lì al buio stretti. É stato in quel momento che lei con il suo tipico accento mi ha sussurrato all’orecchio: “Dove eravamo rimasti?”. FOTO FILIPPO MANZINI

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