Ripercorrere i fili del percorso artistico di Glauco Mauri significa attraversare i momenti più luminosi della scena italiana degli ultimi settant’anni, e insieme del Teatro della Pergola. Una lunga avventura di poesia iniziata nel 1946, quando, appena quindicenne, calca le tavole di un teatrino di Pesaro, la sua città. Da allora Mauri attraversa i capolavori della drammaturgia di tutti i tempi collaborando con i più grandi attori registi e artisti di teatro della seconda metà del Novecento. Il Teatro della Pergola è pieno della sua leggenda, diventando, nel corso degli anni, una delle case da lui più amate.
Il primo incontro con il palcoscenico fiorentino risale all’aprile del 1953 con I dialoghi delle Carmelitane di Bernanos, spettacolo diretto da Orazio Costa, suo maestro all’Accademia Silvio d’Amico, che, a partire dagli anni Settanta, avrebbe eletto la Pergola a casa e sede della sua ricerca teatrale. La consacrazione giunge la stagione successiva con I fratelli Karamazov di Dostoevskij, adattato per le scene da Jacques Copeau e diretto da André Barsacq, dove recita a fianco di alcuni mostri sacri della scena italiana: Memo Benassi, Lilla Brignone, Gianni Santuccio e un giovane Enrico Maria Salerno. Mauri è Smerdjakov, il quarto Karamazov, figlio illegittimo: è stato un grande successo personale, celebrato a ogni rappresentazione da lunghi commossi applausi a scena aperta, premi e tanti incontri felici.