Una commedia sorprendente, amara, ma lieve, surreale, ma terrena, profondamente malinconica e irresistibilmente divertente. Un inno alla libertà ambientato in un regno immaginario pieno di musica e di colori.
Si abusa spesso del concetto di contemporaneità riferito a opere del passato, ma per La dodicesima notte può essere utilizzato a ragion veduta. William Shakespeare ci offre una lezione di civiltà: la fluidità, le identità aperte e non rigidamente definite, che oggi iniziamo ad accettare seppur con mille difficoltà e all’interno di un dibattito polarizzato e spesso cattivo, qui sono un dato di fatto, celebrato con un’allegria e una spensieratezza in un gioco un po’ pazzo dove, in fondo, a contare davvero è “quel che volete”.
Pier Paolo Pacini dirige l’ultima commedia giocosa, a tratti farsesca, di Shakespeare, prima della stagione delle grandi tragedie e delle commedie nere, nella versione di Orazio Costa, snellita dall’intervento di Filippo Gentili.
La vicenda ruota intorno al naufragio nell’immaginaria Illiria dei gemelli Viola e Sebastiano e alle avventure scaturite dal travestimento maschile della fanciulla che, sotto il nome di Cesario, diventa paggio del duca Orsino.
Elegante e piena di grazia, la commedia è temperata da un’atmosfera favolistica che rende tutto un gioco. Ma – come in tutte le favole – la superficie leggera nasconde significati profondi.