Vai al contenuto principale

"Gli esami non finiscono mai", 50 anni fa la prima mondiale alla Pergola

21 dicembre 2023

di Adela Gjata

Locandina Gli esami non finiscono mai

Guglielmo Speranza spacca in due il velario e avanza con padronanza verso il centro della ribalta. Indossa una veste da mattina e ha in mano tre barbe finte, quante le età dell’uomo: una nera, una grigia, l’altra bianca, simili a quelle usate dagli antichi guitti nelle trasformazioni a vista, tenute da fili elastici color rosa carne. S’inchina, si toglie il berretto goliardico fatto di fogli di giornale e inizia un discorsetto.

 

Pubblico rispettabile, dice, non vi stupirete se il protagonista non cambierà mai d’abito. Ho chiesto la ragione all’autore e mi ha risposto che l’eroe non è un tipo, bensì il prototipo di noi tutti, un eroe la cui esistenza è caratterizzata dagli aspetti positivi e negativi della vita, per cui sarebbe impossibile trovare un vestito che rispecchiasse la sua complessa personalità.

 

L’azione sta per cominciare; è l’anno 1922, il protagonista Speranza ha 25 anni e nello sfondo si sente l’eco di alcune note canticchiate da un coro di studenti: “Evviva Napoli, città delle belle donne…”

 

Così comincia Gli esami non finiscono mai, l’ultima corrosiva commedia di Eduardo De Filippo, messa in scena in prima mondiale al Teatro della Pergola il 21 dicembre 1973, dopo due anteprime di straordinario entusiasmo riservate ai giovani.

 

È la storia del Dottor Speranza, interpretato da Eduardo stesso, che, fresco di laurea, quando pensa di averla fatta finita con gli esami, si trova ad affrontarne altri, ben più ardui, per il resto della vita, e anche oltre (“Ricordati che nei cieli ci sarà un altro tribunale che ti dovrà giudicare”).

 

“In questa vita si esce da un inferno e si entra in un altro”, dice a un certo punto il protagonista.

 

Gli inferni di Eduardo sono la famiglia, gli insegnanti, i congiunti, amici e nemici, la “gente”, le autorità, i medici e i preti, tutti quelli che analizzano, scrutano, chiedono i conti di ciò che sei e che fai.

 

Amara e ironica parabola della famiglia borghese e del destino umano, l’opera inchioda la storia personale di Speranza a una condizione universale che si muove nel clima colorito e grottesco delle scene di Mino Maccari, con truccature quasi da circo, parrucche e posticci.

 

Accanto a Eduardo, applauditissimo il figlio Luca (alias Luca Della Porta), nei panni dell’antagonista Furio Laspina, un piccolo Jago falso e velenoso, quello che, dice l’autore, ciascuno di noi ha incontrato una volta nella propria vita e che continua a perseguitarci; ma anche Isa Danieli che intona, accompagnandosi alla chitarra, canzoni d’epoca che trasportano lo spettatore da una stagione all’altra della vita di Guglielmo Speranza.

 

Lo spettacolo supera magistralmente l’esame di pubblico e critica, e, ancora una volta, quello di Eduardo con sé stesso, compimento di un’opera vagheggiata oltre venti anni e presentata, in prima assoluta, in una delle sue case predilette: il Teatro della Pergola.