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Il diritto di esistere. Intervista a Marina Rocco

14 maggio 2024

di Angela Consagra

Che donna è la Maria Brasca, il personaggio che interpreta sulla scena?

La Maria Brasca è una forza della natura. Questa donna è come una medicina, e non solo per me, ma dovrebbe proprio essere messa in delle boccette come cura per tutti gli spettatori. In verità la vita non le ha riservato tutte queste soddisfazioni; infatti, lei si sente sempre assoggettata a un potere più grande, ma rimane una figura femminile in cerca della propria libertà. Lavora tutto il giorno in fabbrica come operaia e non le sono concessi tanti svaghi: al tempo stesso, però, la Maria Brasca si prende completamente il diritto ad affermare il proprio desiderio. E questo a dispetto di tutto: della sua famiglia che la critica costantemente; della società che la giudica; della persona amata, che tenta di tradirla con un’altra donna. La Maria Brasca non si aspetta niente dalla realtà esterna che la circonda: è lei stessa a mettere in moto, attraverso il proprio desiderio, le azioni che la riguardano e a ribadire la sua presenza nel mondo, il suo diritto di esistere.

 

 

“Questa struggente ricerca della felicità, l’acquisizione di un proprio spazio personale nel caos dell’esistenza: sono i desideri primordiali di ciascuno di noi”

Marina Rocco

 

 

Nelle note di regia, Andrée Ruth Shammah descrive questa figura femminile come l’unico personaggio vincente rappresentato da Testori. 

È vero, perché la Maria Brasca non aspetta mai che le cose le arrivino addosso da fuori: agisce il suo destino e, da questo punto di vista, ha dunque già vinto. Il senso di vittoria è innato dentro di lei, è qualcosa che possiede, al di là di tutti e di tutto, addirittura anche a dispetto dell’amore. Il potere di essere una vincitrice non proviene dal denaro o dalla nobiltà: è un potere che acquisisce con le sue forze. Il diritto di vivere, esistere e desiderare nessuno gliel’ha regalato. E quindi, per questa ragione, nessuno potrà mai toglierglielo.

“Senza la presenza del pubblico, noi attori non esistiamo: non abbiamo più senso. Il pubblico è il motivo fondamentale per cui decidiamo, ogni volta, di mettere in scena uno spettacolo” 

Marina Rocco

 

 

La Maria Brasca è alla continua ricerca della felicità, una parola che rappresenta un sentimento profondamente prezioso. Anche se lo spettacolo è ambientato negli anni Sessanta, questo personaggio può dirsi ancora a noi contemporaneo?

Si tratta di una donna di sempre, che appartiene a qualunque epoca. Le sue vicende riguardano l’essere umano nel suo complesso. In questo testo non riesco tanto a intravedere una suddivisione di genere, maschile o femminile, perché il richiamo alla felicità è qualcosa che ci tocca tutti. Essendo una donna, rispetto agli ostacoli che le si parano davanti, cerca di superarli comunque e di andare dritta per la sua strada. Questa struggente ricerca della felicità, l’acquisizione di un proprio spazio personale nel caos dell’esistenza in cui ci troviamo immersi: sono i desideri primordiali di ciascuno di noi. La Maria Brasca reclama i suoi diritti: “In queste cose qui - in chi decido di amare - i padroni siamo ancora noi.”

Foto Lorenzo Barbieri

In questo spettacolo è, ancora una volta, diretta da Andrée Ruth Shammah. C’è un filo che lega i vari ruoli femminili, frutto della vostra collaborazione sul palcoscenico?

Una delle grandi fortune che ho avuto, nell’arco di diversi anni, è di avere seguito un percorso del femminile: c’è stata una crescita, molto bella. Sono partita con Ondine di Giraudoux, uno spettacolo di dimensioni enormi dal punto di vista scenico e che abbiamo fatto al Franco Parenti a Milano. Un testo stupendo, in cui si narra di questa creatura delle acque che vuole diventare donna. Una non-donna, che anela a trovare il suo posto nel mondo. In seguito, Gli Innamorati di Goldoni - con il personaggio di Eugenia - hanno segnato una nuova interpretazione: una figura femminile che si strugge per l’amore e che, addolorata, non si sente mai degna di vivere questo sentimento. Il ruolo successivo è stato quello di Nora in Casa di bambola: pur nel grande dolore che quel testo butta fuori, la protagonista afferma un pezzetto di sé e urla la volontà di esserci, in qualche modo. Arrivati a La Maria Brasca si avverte un fatto: la donna è pronta a muoversi autonomamente. Il filo conduttore per questi lavori è stata la regia di Andrée Ruth Shammah, ho avuto la fortuna di ricevere queste grandi occasioni che lei mi ha dato.

 

 

“La Maria Brasca non aspetta mai che le cose le arrivino addosso da fuori: agisce il suo destino e, da questo punto di vista, ha dunque già vinto”

Marina Rocco

 

 

In un punto dello spettacolo la Maria Brasca, dalla scena, si rivolge direttamente agli spettatori che stanno davanti in platea. Se dovesse dare una sua definizione del pubblico, che cosa direbbe?

Mi sono resa conto di cosa sia davvero il pubblico solo stando in scena: da spettatrice, non avevo capito quanto e in che modo il pubblico fosse in grado di fare lo spettacolo insieme agli attori. Gli spettacoli cambiano di sera in sera, assecondando l’atmosfera che si crea in quel particolare momento. Senza la presenza del pubblico, noi attori non esistiamo: non abbiamo più senso. Il pubblico è il motivo fondamentale per cui decidiamo, ogni volta, di mettere in scena uno spettacolo.