Vai al contenuto principale

Il mistero della comicità. Intervista a Flavio Insinna

26 febbraio 2025

di Angela Consagra

Chi è, davvero, questa “gente di facili costumi” che dà il titolo allo spettacolo?

Formalmente entriamo in scena io, uno scrittore, anche se non di successo, e una prostituta di certi facili costumi: sarebbe facile semplificare la risposta seguendo l’idea di questi ruoli sociali. Invece, credo che l’aspetto più importante, proprio nella vita, sia tentare di aprirsi verso gli altri ma con una curiosità vera, provando ad ascoltare e a comprenderli. Si fa in fretta a esprimere un giudizio su qualcun altro, ma hai capito davvero chi è, che cosa sta affrontando, in che momento della sua esistenza si trova? Inoltre, penso, per esempio, a una frase molto bella di Flaiano: lui diceva che spesso la persona che si finisce per sposare, la prima volta che la vediamo, la consideriamo come una cretina. Fondamentale è non fermarsi alle apparenze, non smettendo mai di avere la voglia di incontrare l’altro. E questo è il lato più attuale del testo: Gente di facili costumi è una commedia scritta a quattro mani da Nino Manfredi e Nino Marino ormai nel 1988, ma sembra appartenere ai giorni nostri. Prima di cominciare l’allestimento di questo spettacolo abbiamo fatto tante prove con il regista Luca Manfredi (che era stato aiuto regista del papà all’epoca e, quindi, depositario della memoria dell’opera) e abbiamo deciso di non attualizzare il testo originario. Non so se può definirsi un classico, ma ti accorgi che funziona ancora: sulla scena non ti mancano i telefonini né i social, e anzi la storia si snoda tra un telefono fisso con la segreteria telefonica o un frigo vecchio. Un classico non finisce mai di dire quello che ha da dire e l’incontro fra persone lontanissime tra loro – con i propri pensieri e le proprie ferite ma che imparano a scoprirsi reciprocamente – rimane un tema eterno.

 

“L’incontro fra persone lontanissime tra loro, con i propri pensieri e le proprie ferite ma che imparano a scoprirsi reciprocamente, rimane un tema eterno"

Che cosa le piace di Nino Manfredi come attore?

Anche solo come lui muove gli occhi, siamo al livello dei più grandi attori mondiali, da Oscar! Infatti, Nino Manfredi era richiestissimo all’estero; proprio come studio sul mestiere dell’attore basta riguardarsi i suoi capolavori – C’eravamo tanto amati, Pane e cioccolata, Brutti sporchi e cattivi – e ti accorgi della sua infinita modernità, sia nel drammatico che nella commedia. È veramente uno dei colonnelli della recitazione italiana, insieme ad attori dal calibro di Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica o Gianmaria Volonté. Non mi confronto assolutamente con Nino Manfredi, è qualcosa che non potrei neanche pensare di intraprendere, e anche il regista Luca ci ha incoraggiato tanto da questo punto di vista, dicendo di non pensare a quei protagonisti di allora, ma cercando solo di goderci questo bel testo, realizzando un omaggio con il cuore. Questo spettacolo doveva fermarsi con due serate in omaggio a Nino Manfredi per i cento anni dalla nascita, ma abbiamo continuato a vederci e a lavorare insieme al regista e a Giulia Fiume, con cui condivido la scena. Facevamo quello che a me piace, ovvero, l’artigianalità del teatro: incontrarsi il sabato e la domenica ancora senza una produzione, davanti a un tavolino da una parte e due caffè dall’altra, approfondendo la commedia, accennando già qualche movimento. Ed ecco che Gente di facili costumi è diventata una vera e propria tournée e una delle sorprese, belle, della vita. Ma – ripeto – sapendo che è la commedia di un gigante della scena, a cui non potrai mai avvicinarti; io ho sempre osservato i grandi con cui ho lavorato, cercando di apprendere il mestiere – dal mio Maestro Luigi Proietti a Nino Frassica o Diego Abatantuono – ma avendo la coscienza che tu sei quello che sei… Per fortuna, almeno fino ad oggi che sto parlando, non c’è una videocassetta originale dello spettacolo Gente di facili costumi: se si trova, io mollo la tournée! Io avevo visto anche la fiction dedicata a Nino Manfredi interpretata da Elio Germano: un attore pazzesco, che ne ha colto l’anima. Quando Luca Manfredi mi ha proposto questo spettacolo gli ho chiesto: “Scusa il film per la Tv è stato bellissimo, perché non chiedi a Elio di farlo?” Risposta: “Mi serve un Nino vecchio”, così eccomi qua! Esiste anche un’altra coincidenza che mi lega a Nino Manfredi: quando lui alla fine degli anni Ottanta era in scena con Gente di facili costumi, io ero alla scuola di Gigi Proietti e venni mandato, con altri due compagni, a intervistare Manfredi sul mestiere dell’attore. Ho ancora quella cassetta, dove lui ad un certo punto parla di questa commedia e racconta del suo rapporto con il pubblico: entrava sul palcoscenico e c’era un boato, doveva interrompere la recitazione per salutare gli spettatori. Una divinità della scena.

Franca Valeri dava una sua spiegazione della comicità, dicendo che è un mistero: è d’accordo con questa definizione?

Mi sento vicino alla grandissima Franca Valeri, con cui condividevamo la grande passione vegana: siamo stati entrambi dei canari, amando gli animali. In uno spettacolo a una certa battuta la gente ride di più, la sera dopo invece meno… Gigi Proietti diceva una cosa vera: a volte, all’improvviso, ti accorgi che in un certo luogo una battuta comincia a non fare più ridere. Dopo un po’ di tentativi, è meglio lasciarla perdere. Gigi ci riprovava, risistemava (faceva delle prove infinite), ma è qui che si entra nella zona del mistero: chissà cosa è cambiato in te, come sono diversi gli spettatori… Ecco perché non si finisce mai di studiare e provare. Totò diceva che la comicità nasce dalla giacca che è più corta della tua mano: sicuramente l’ironia sulla miseria e la povertà aiuta la risata. E anche nel nostro spettacolo i due protagonisti combattono per mettere insieme il pranzo con la cena: io sento che il pubblico comincia a ridere sempre di più man mano che si affeziona a questi due disgraziati. Capiscono che ce la stanno mettendo tutta: è la parte più umana dello spettacolo. È una piccola magia misteriosa, la comicità, e a volte le risate che arrivano sul palco sono davvero inaspettate. 

 

 

“Il regista ci ha incoraggiato dicendo di non pensare a quei protagonisti di allora, ma cercando solo di realizzare un omaggio a Nino Manfredi, con il cuore”

 

Che cosa contiene oggi la sua valigia di attore?

Sempre tanti e tanti libri, ma, ampliando metaforicamente il contenuto, la mia valigia contiene un bigliettino che mi sono scritto da solo. Dice così: “Sei fortunato, te lo devi meritare”. Il senso è che ti devi meritare questo mestiere tutti i giorni, senza darlo mai per scontato. Quindi, nella valigia deve esserci: sicuramente un bel sacchetto di modestia, di consapevolezza dell’enorme fortuna avuta e una serie infinita di grazie: a chi monta le scene dello spettacolo, a chi lavora nell’organizzazione e dietro le quinte, a chi ti sceglie per lavorare, al pubblico.