La farsa della politica. Intervista a Luca Barbareschi e Chiara Noschese
26 marzo 2025
di Angela Consagra
November è un testo di David Mamet profondamente attuale.
NOSCHESE: È un testo molto particolare, direi quasi unico. Ciò che mi ha colpito è la sua funzione teatrale, perché ci troviamo come di fronte a una partitura musicale, nel senso che si tratta di una scrittura davvero veloce e spinta, dal punto di vista del ritmo. Dirigere gli attori per interpretare una macchina drammaturgica così perfetta e scattante – il testo ha delle ripartenze narrative, i dialoghi sono asciutti e spudorati – rappresenta una dinamica proprio travolgente da affrontare. Con la mia regia ho cercato di tutelare le parole di Mamet al 100%. Sono partita dalla codificazione dello spazio: per creare una rete di movimenti destinata agli attori bisogna capire prima gli oggetti che si hanno a disposizione sulla scena. La scenografia è realistica – sembra proprio di stare dentro la Casa Bianca, nello studio ovale con i divani, la scrivania, le finestre, le tende, le bandiere – e i movimenti seguono questa disposizione assecondando il mood che vivono i personaggi momento per momento. November è stato scritto nel 2007, ma è come se questo autore avesse visto il futuro: c’è un Presidente che non sembra proprio una persona seria, passa da vari stati d’animo e commette certe azioni con il fine di rimanere in carica. Il protagonista è una specie di equilibrista: feroce ma al tempo stesso vulnerabile, capriccioso e impietoso. Sta al centro, in una sorta di pista da circo dove praticamente tutto è concesso, pur di mantenere denaro e potere. I personaggi sono collegati tra loro da una medesima necessità: tutti hanno un’urgenza comune, ovvero, quella di riuscire a dare una svolta alla propria vita oppure accontentarsi di rimanere con quello che si ha.
BARBARESCHI: Il mio lavoro con David Mamet dura da tanti anni, siamo come due fratelli: io ho avuto la fortuna di incontrare un genio, pieno di passione per il mestiere. Lui è come Miller, come Mozart: uno dei più grandi uomini di cultura, con una fortissima onestà intellettuale. Tutti i suoi personaggi che ho interpretato mi hanno sempre motivato profondamente: da Il Penitente a Oleanna, sono testi che affrontano il tema delle accuse alla fine infondate, ma capaci di rovinare la vita di un essere umano. Nel caso di questo spettacolo il ruolo del Presidente degli Stati Uniti mi diverte molto, perché ha la psicologia di un bambino di 8 anni: del resto, quando nella realtà abbiamo dei politici che pensano di poter comprare la Groenlandia siamo alla farsa totale della politica e il livello di malafede è talmente alto da risultare totalmente infantile. Mi sono chiesto: come affrontare questo personaggio? Come un bambino in un corpo di un adulto. Il mondo della comunicazione è oggi, per la maggior parte, basato essenzialmente sulla frode: c’è tutta una società che vive mentendo.
Che cosa la affascina di questo autore?
BARBARESCHI: La scrittura crea uno spettacolo comico, in chiave realistica. La naturalezza è la chiave giusta per affrontare il palcoscenico: l’unico linguaggio possibile è legato alla credibilità, facendo esprimere i vari caratteri come parlano le persone nella quotidianità. Io, spettatore, devo sempre identificarmi con il personaggio che seguo dalla platea sulla scena. November è una commedia realistica, anche se paradossalmente non abbastanza, perché ormai la realtà – come già detto – ha superato la farsa.
NOSCHESE: Mamet fa dire delle battute ai personaggi mantenendoli sempre credibili, anche spingendo il pedale su alcuni concetti complessi che invece vengono pronunciati con estrema facilità. È un testo un po’ grottesco e anche surreale… Una spettatrice che lavora nel mondo della politica, per esempio, ci ha detto che vedendo lo spettacolo era per lei come trovarsi sul suo luogo di lavoro: in questo testo si prende molto in giro la politica, ma il risultato è piuttosto realistico.
“Il pubblico è sovrano, ed è intelligente. Gli spettatori guardano ogni spettacolo senza pregiudizi. Il pubblico è sempre aperto al racconto di una nuova storia, con curiosità”
Luca Barbareschi
La vostra collaborazione viene da lontano…
NOSCHESE: Sì, da lontanissimo, noi siamo vecchi amici. Abbiamo lavorato per tanti anni insieme, ognuno perseguendo in autonomia il proprio percorso, ma alla fine ci siamo sempre ritrovati. Ci accomuna un’enorme e sfrenata passione per l’arte, per il teatro con la sua caratteristica di unicità di ogni singolo evento. Il teatro è qualcosa che niente può battere, perché accade qui e ora, in quel preciso momento di condivisione con gli spettatori. Ogni sera sarà sempre diversa da tutte le altre.
BARBARESCHI: È il palcoscenico che ci unisce. Chiara è un genio, una delle attrici con più talento e ha una carriera meravigliosa: ha lavorato nella prosa e nel musical; sono stato io, per esempio, a convincerla a fare la regia per Mamma mia… Chiara è bravissima, però in quanto donna deve scontare più pregiudizi riguardo la direzione artistica di un progetto o di uno spettacolo. Se devo farmi dirigere, io sceglierò sempre lei, per la sua bravura.
“È come se il pubblico fosse un gigantesco orecchio… Il pubblico è il re di ogni rappresentazione, il pubblico è tutto: senza pubblico non avremmo senso di esistere”
Chiara Noschese
Se dovesse dare una definizione del pubblico, che cosa direbbe?
BARBARESCHI: Il pubblico è sovrano, ed è intelligente, più degli operatori teatrali che vanno a teatro e giudicano, assecondando certe logiche del sistema. Invece, gli spettatori si siedono a teatro e guardano ogni spettacolo senza pregiudizi. Il pubblico è sempre aperto al racconto di una nuova storia, con curiosità e senza nessun retropensiero.
NOSCHESE: Quello che cerco di ricordarmi sempre quando dirigo uno spettacolo o quando faccio l'attrice, è che noi siamo portatori di un messaggio: il pubblico ancora non conosce ciò che vogliamo raccontare e trasmettere, quindi diventa il nostro interlocutore. È come se il pubblico fosse un gigantesco orecchio… Il pubblico è il re di ogni rappresentazione, il pubblico è tutto: senza pubblico non avremmo senso di esistere.