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Un'ironia profonda. Intervista a Domenico Pinelli

24 ottobre 2024

di Angela Consagra

In questo testo di Eduardo De Filippo, Ditegli sempre di sì, sembra essere presente quella famosa “corda pazza” di cui è fatto, in parte, l’essere umano e di cui tanto parla Luigi Pirandello…

Il tema principale di Ditegli sempre di sì è proprio quello della pazzia: in genere, nelle farse e nelle commedie, il sentimento della follia viene utilizzato come un espediente comico. Il pazzo, prendendo tutto ciò che accade per vero - anche le cose più assurde o improbabili - crea continuamente degli equivoci: tutto si va a scombinare, prima leggermente e poi sempre di più, così le vite delle altre persone che cadono in questi ‘sgambetti’ narrativi si trasformano. Quest’opera di Eduardo è stata scritta nel ’27 pensando alla Compagnia di Vincenzo Scarpetta, suo fratellastro; quindi, i tratti farseschi sono evidenti nei personaggi: all’interno della storia emergono più come dei caratteri, non tanto come dei ruoli con tutte le loro sfaccettature. Per esempio, il timbro farsesco emerge nelle varie entrate ed uscite presenti nel testo e noi ci abbiamo lavorato molto, soprattutto nel secondo atto: i personaggi entrano in scena, dicono le battute; subito dopo escono, entrano altri personaggi con le loro battute, e così via… È il ritmo della commedia a risultare farsesco.

 

Dopo la prima scrittura del testo riservata a Scarpetta (con il titolo originale Chill’è pazzo!), Eduardo riscrive questa commedia, che metterà poi in scena insieme ai fratelli Peppino e Titina. La vostra messinscena tiene conto di entrambe le versioni? 

Il lavoro che ho fatto è stato quello di unire, in qualche modo, le due versioni di cui siamo a conoscenza: il testo del ’27 e la riscrittura che Eduardo ha fatto nel ’32, quando mise in scena lo spettacolo con i fratelli, riducendo il numero dei personaggi e rivedendo l’intreccio della storia. Inoltre, mi sono permesso di inserire alcune variazioni che provengono dal prologo della versione televisiva di Ditegli sempre di sì del ’62, in cui Eduardo esordisce così: “Eccomi a voi. Non c’è filosofia nella farsa che recito stasera, ma un personaggio della vita vera, un tal dei tali affetto da follia”. Ho pensato di completare il nostro allestimento con queste riscritture e aggiunte testuali proprio perché, per mettere in scena oggi Ditegli sempre di sì, riusciamo ad arrivare a un respiro più ampio e completo. Non ho riscritto niente, piuttosto il mio è stato un lavoro di copia-incolla.

“Quando mi chiedono come si esprime il mio essere napoletano, io penso sempre: per me, la napoletanità si può spiegare con tutto quello che ho visto e amato nelle commedie di Eduardo”

Domenico Pinelli

 

 

Le opere di Eduardo sono caratterizzate sempre da un aspetto comico e ironico, che è capace, però, di immergere contemporaneamente lo spettatore nella riflessione. La sua regia accoglie questa linea drammaturgica?

Assolutamente sì. La pazzia che assume il ruolo centrale in questa vicenda costituisce uno dei topoi più efficaci della letteratura e del teatro, in funzione anche, e soprattutto, di un espediente sia comico che tragico. Partendo dal testo, abbiamo provato ad approcciarci alla storia e ai personaggi in un modo contemporaneo, cercando di restituire un’umanità che è già implicita nelle parole della commedia. Anche se Eduardo ha imparato il mestiere dal padre, Eduardo Scarpetta, maestro del genere farsesco, in Ditegli sempre di sì il tema della pazzia viene trattato con una maggiore profondità, non si tratta soltanto di un puro espediente comico. L’ironia è fondamentale, ma abbondano anche gli spunti di riflessione, ed è su questi aspetti forse più intimi e profondi che ci siamo concentrati, anche nelle dinamiche dei rapporti tra i vari personaggi. In questo allestimento abbiamo depotenziato leggermente l’aspetto comico, per restituire una profondità che comunque era già presente nell’opera: non abbiamo inventato niente.

 

“Eduardo non l’ho conosciuto, ma è stato importantissimo per la mia formazione”: sono parole sue. Cosa rappresenta per Lei questo autore?

Io sono figlio d’arte, anche mio padre è un attore e ha recitato con tanti capocomici napoletani: ho sempre respirato l’aria del teatro, fin da piccolo. Nella mia vita Eduardo è stato, ed è, sicuramente un faro. Quando avevo circa 7-8 anni, mio padre ha iniziato a farmi conoscere le commedie di Eduardo: ho visto prima in TV Filumena Marturano di Biancaneve, per dire… Questo autore fa parte del mio background culturale, in modo viscerale. Quando mi chiedono come si esprime il mio essere napoletano, io penso sempre: per me, la napoletanità si può spiegare con tutto quello che ho visto e amato nelle commedie di Eduardo.

Dopo avere interpretato I fratelli De Filippo, il film con la regia di Sergio Rubini, è la prima volta che affronta Eduardo dal punto di vista teatrale? 

Insieme ad Anna Ferraioli Ravel e Mario Autore abbiamo lavorato nel film di Rubini: ci siamo trovati molto bene a collaborare insieme, così è nato il sogno di continuare a condividere il nostro percorso anche a teatro. E cosa c’è di meglio di un progetto del genere? Siamo contentissimi di esserci riusciti: non possiamo fare altro che ringraziare per questa opportunità.

 

 

“Ci siamo avvicinati a questo Maestro con grande rispetto: spero che il pubblico possa apprezzare questa energia con cui andiamo in scena”

Domenico Pinelli

 

 

Che cosa si aspetta dal pubblico di Firenze? Eduardo è una figura importante per questa città: le sue tournée hanno sempre toccato il Teatro della Pergola, sede anche della sua Scuola di Drammaturgia, e il 19 dicembre 1973 la sua opera Gli esami non finiscono mai ha debuttato in prima assoluta proprio alla Pergola.

Sono molto emozionato. Praticamente, io nella mia vita non ho mai fatto nemmeno una tournée completa: non so dire cosa piace o non piace al pubblico, ma il fatto di essere legato profondamente al lavoro di Eduardo mi fa sentire protetto. Confido, inoltre, nel potenziale della nostra Compagnia e nel talento dei miei compagni di scena: siamo dodici attori e l’età media si aggira intorno ai 34 anni. Siamo in tanti elementi sul palcoscenico, ma privi di nomi più famosi. La Compagnia è così giovane, ma davvero entusiasta e onorata di affrontare un testo di Eduardo. Se le cose vanno bene è una soddisfazione vera: significa che gli spettatori vengono a teatro non tanto perché c’è un nome di richiamo, ma veramente per scoprire lo spettacolo. Ci siamo avvicinati a questo Maestro con grande rispetto: spero che il pubblico possa apprezzare questa energia con cui andiamo in scena.