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Rito e Teatro

Il bianco, il viola e il nero, il rosso: nel rito i colori della morte sono anche quelli della vita.

Le emozioni tracimano e defluiscono su un ritmo collettivo.

 

Giovani attrici e attori del Teatro della Toscana e del Théâtre de la Ville di Parigi toccano i confini tra sacro e teatro, tra vita e recitazione.

Andate e ritorni dall’Europa all’Africa e viceversa, ogni volta per strade diverse.

In un innovativo programma di trasmissione artistica e formazione attoriale.

 

Italo Papandrea

 

2 al 12 MAGGIO 2023 | EX-CINEMA GOLDONI

  • Le attrici e gli attori del Teatro della Toscana
  • Aisha e Thérèse, attrici del Camerun
  • Stéphane e Gérald, attori francesi
  • Andreja Oumba, danzatore
  • Emery Gahuranyi, danzatore
  • Julie Peigné, assistente alla regia
  • Pier Paolo Pacini
  • Vincent Mambachaka
  • Emmanuel Demarcy-Mota 

Giorno 1

Il gatto a tre zampe

2 maggio 2023

@ Filippo Manzini

I ragazzi si siedono in cerchio, al centro della platea sgombra dell’ex-cinema Goldoni. Il resto della sala semicircolare e l’unica galleria sono immersi in una luce crepuscolare. La primavera fuori stenta ad arrivare e anche la sala è ancora piuttosto fredda. Un misto di attesa e curiosità contagia le giovani attrici e i giovani attori, non immaginano cosa esattamente li aspetti in questo laboratorio.

Africa e Occidente. Danza e rituale, rito e teatro.

Pier Paolo Pacini illustra ai ragazzi il programma del workshop e i temi di lavoro e di ricerca. Cos’è il rito? Cos’è il sacro? Cosa per noi occidentali è sacro e cosa per gli africani è sacro? E cosa c’entra in tutto questo il teatro?

Il discorso è ampio, complesso.

 

Il concetto di sacro nelle culture africane è innanzitutto legato all’idea dell’immanenza del divino nel mondo, caratteristica di queste culture: sacro può essere un oggetto, sacro può essere un luogo. È un modo di percepire e di vivere che oltrepassa i confini della religione occidentale e che innerva profondamente tutta la realtà. 
Attingere a questo grande fiume invisibile che scorre sotto, sopra e dentro di noi, bagnarsi le dita in quest’acqua è un atto intimo e insieme fortemente, necessariamente collettivo: non c’è rituale senza comunità

Si può trovare un punto di contatto fra le energie del rituale africano e le forme e la tradizione del teatro occidentale? Quale testo può essere la rampa di lancio per questo folle volo? 
Pier Paolo propone di lavorare su Shakespeare: la scena dell’apparizione del fantasma del padre ad Amleto potrebbe generare un cortocircuito interessante. 
«Cominciamo dalla nuvola.»

Ripasso di mimica. 
I ragazzi si distribuiscono nello spazio e cominciano con gli esercizi di respirazione. Non si fa finta di essere nuvola né si imita la nuvola ma si è nuvola. 
«Legate il movimento al respiro!» 
«Non siate nuvole qualsiasi; dovete essere nuvole particolari, pensate a nuvole ben precise che voi, e solo voi, conoscete. Questo è molto importante. Una volta, lavorando con dei bambini, ho chiesto loro di essere gatti. Uno di loro specialmente mi colpì: il suo era un gatto strano. Gli ho chiesto perché il suo gatto fosse così e mi ha risposto che il suo gatto aveva solo tre zampe. Vedete, il bambino aveva pensato a un gatto particolare, unico, che conosceva bene. Allo stesso modo anche voi dovete esser precisi con le vostre nuvole.» 
La nuvola diventa la base per la nebbia: Pier Paolo chiede a tutti di essere nebbie adesso. Vedo attrici e attori allungare le braccia, abbassarsi e levarsi molto lentamente, il movimento è lievissimo, quasi impercettibile. Dominano orizzontalità, staticità, peso.

 

E se la nebbia si fa più leggera? 
«Pensate ora alla nebbia che si sfilaccia fra i tetti, intorno ai campanili. Che voci hanno questi due tipi di nebbia?» 
Nel silenzio rotto solo dalle indicazioni di Pier Paolo le nebbie dense o già rarefatte cominciano a parlare: poche note, continue o frammentate, piuttosto gravi, strisciano umide nell’aria. 
Ma l’apparizione del fantasma vera e propria, concretamente, come avviene? 
Il fantasma può nascere dalla nebbia che si sfilaccia, liberarsi e nascere insieme dalla massa amorfa (soluzione “michelangiolesca”, la definisce Pier Paolo). 
«Fate, anzi siate nebbie che si sfilacciano e quindi fantasmi che pronunciano la prima parola del testo: “Ascolta!”» 
Ascolta… A… scol… ta! A… scol… TA! ASCOLTA! 
Lo spazio si popola di presenze. 
«Ora siate un’unica nebbia! Un solo fantasma!» 
I ragazzi danno vita ad un unico organismo. Una creatura prodigiosa si raggruma nello spazio, di braccia e mani tese, di ginocchia piegate, di corpi che ruotano lentamente, è un groviglio tentacolare, un nodo magmatico che vorrebbe sussultare. 
Ascolta! ASCOLTA! 
Pier Paolo aggiunge un tassello di testo: «“Ascolta! È quasi l’ora per me di tornare al tormento delle fiamme.” Sfruttate la vostra fisicità, siate il fuoco adesso!» 
Mimica del fuoco. Mimica del freddo: indossa un’armatura il fantasma del padre?

 

Pausa. La creatura portentosa si disgrega, i corpi si rilassano. 
Il momento esatto in cui Amleto decide di seguire il fantasma è uno dei nodi drammatici del testo secondo Costa: uno dei punti in cui l’azione cambia irrimediabilmente. 
«Secondo voi Amleto vede o non vede il fantasma?» (Pier Paolo) 
«Secondo me no.» (Elena) 
«Resta indefinito.» (Cecilia) 
«No, è interiore.» (Giacomo) 
«Per me lo percepisce ma non lo vede.» (Federica) 
Il fantasma è dentro Amleto o fuori? Ci si può fidare di questa visione? 
Altra prova: tutti formano fisicamente il fantasma ma solo Elena gli darà voce: Ascolta, Amleto! 
Funziona di più quest’altra soluzione? 
La profonda ambiguità di questa scena è un dato interessante, è il punto di contatto potenziale fra universi, il buco nero che si fa buco bianco e canale di trasmissione. 
Per oggi basta. Il lavoro domani riprenderà da qui. 

Giorno 2

Perdere il controllo

3 maggio 2023

Foto Filippo Manzini

Il gruppo di giovani attrici e attori è aumentato di numero: stamattina sono nove.

 

Africa e Occidente, rito e sacro: il regista africano Vincent Mambachaka e Andreja riprendono con Pier Paolo e i ragazzi i temi-chiave del workshop.

Per Vincent il lavoro sul corpo e dei movimenti del corpo nello spazio sarà centrale.

«Non dovrete essere danzatori professionisti: quel che interessa è l’interazione tra corpo e spazio.» (Andreja)

I ragazzi mostrano ai nuovi arrivati la scena del fantasma.

Respiro > nebbia pesante > nebbia sfilacciata > fantasma > “Ascolta!”

Da diffusa e parcellizzata la nebbia coagula in una macchia umana dai contorni slabbrati. I movimenti sono ancora morbidi, tondi. 
«E ora freddo, una nebbia fredda.» (Pier Paolo) 
I movimenti si irrigidiscono, si spezzano.

 

Dal freddo alla mimica del fuoco (“È quasi l’ora per me di tornare al tormento delle fiamme”): gli attori, questa volta singolarmente, si esercitano sulla mimica del fuoco mentre Vincent e Andreja osservano attentamente. Il fuoco comincia dalle mani, poi passa alle braccia e da queste al corpo tutto, ora sono tanti fuochi. Provano a essere un solo fuoco.

Il lavoro sulla scena del fantasma continua e si definisce. Si inseriscono due nuovi elementi: un ingresso preciso in scena e un brano musicale.

Sfruttando tutto lo spazio centrale a disposizione nella platea dell’ex-cinema Goldoni, gli attori e le attrici si dividono in due gruppi, disposti in fondo, ai lati opposti dello spazio: la nebbia e il fantasma si formeranno quindi al centro dai due gruppi avanzanti provenienti dai lati.

 

In più, le casse diffonderanno l’incipit della Marcia funebre dal Tannhäuser di Wagner. 
L’esperimento così modificato ha un effetto diverso, la Marcia sembra infondere un nuovo senso, sostiene e influenza tutta la scena. 
Si prova ancora, con una variante per l’ingresso (tre gruppi formeranno la nebbia) e un’aggiunta: la direzione dello sguardo. Si dà uno sguardo al fantasma, diretto all’Amleto rappresentato da Andreja, seduto dalla parte opposta rispetto a quella dei ragazzi: il fantasma si libererà dalla nebbia e avanzerà con lo sguardo diretto ad Amleto. 
Pausa.

 

Nella seconda parte della mattinata, le attrici e gli attori si allenano con Andreja. 
La base del movimento è il salto, un rimbalzo che arrivi ad essere involontario. 
«Non avete controllo del vostro corpo, perdete il controllo del vostro corpo, nessun controllo.» (Andreja) 
È importante avere i piedi uniti, non spezzare il salto in due mini-movimenti ma essere come la palla che rimbalza, unica, molle, incosciente. 
«Non siete voi a muovere il vostro corpo, è come se il corpo si muovesse da solo. Occhi chiusi! Guardate il vostro corpo dentro. Pensate a delle formiche che dalle mani vi percorrono le braccia le spalle e poi il petto, il bacino, tutto il corpo! E voi siete dentro il vostro corpo, subite questo movimento dall’esterno.» (Andreja) 
I salti dei ragazzi si fanno convulsi, sempre più sciolti, more fast! more fast!, urla, lamenti sgangherati si agitano nell’aria, sudore, sudore, sudore, si deve arrivare all’épuisement, allo sfinimento.

 

Perdere il controllo. 
Dal salto alla perdita del controllo del corpo al tema della POSSESSIONE, centrale nella ritualità africana. 
La perdita del controllo non deve essere totale ma spingersi solo al limite dell’automatismo. Il confine è labile, l’equilibrio sottile. 
«Dovete pensare di perdere il vostro corpo e di star cercando di recuperarlo: ci riuscite per un attimo e poi non ci riuscite più.» (Andreja) 
Sulla trama febbrile di una musica rituale africana, i corpi delle attrici e degli attori bollono, cercano di raggiungere lo stato ondivago della possessione. 
Come controllare la capacità di essere fuori controllo? 
Controllo e fuori controllo, controllo e fuori controllo. Questo esercizio sfinisce: è un rompersi e un riaggiustarsi continuo.

 

Pausa. I ragazzi sono sfiniti. 
Andreja propone adesso di aggiungere le parole all’esercizio della possessione: attrici e attori sceglieranno un piccolo testo che dovranno recitare contemporaneamente e in contrasto alla possessione corporea. Dal corpo oscillante fra controllo e non controllo, del tutto indipendente dalle parole, dovrà sgorgare la voce ferma sulla linea del testo. Si lavora così sul tema della DISSOCIAZIONE. 
Come ottenere dissociazione fra corpo e parola? Come mantenere il testo con le sue sfumature, con la sua linea solida e insieme perdere il controllo del corpo? 
Penso alle mani che suonano sulla stessa tastiera con ritmi diversi. 
La dissociazione è svincolamento, evasione dai sentieri tradizionali nei quali il corpo si conforma alla parola. 
Dissociare corpo e parola si rivela estremamente complicato. Una soluzione pratica può essere quella di “abbassare” progressivamente ma lievemente la parola al corpo, limitandone il potere di controllo e favorendo la dissociazione. 
La giornata si conclude applicando l’esercizio della possessione al fantasma, che si formerà in scena in una sorta di processione rituale per poi esplodere in uno stato di possessione. 

Giorno 3

Intermittenze

4 maggio 2023

Stamattina le attrici e gli attori sono indolenziti, ammaccati. L’allenamento di Andreja è fisicamente impegnativo, sfiancante, i corpi vengono sforzati fino all’esaurimento.

Come si può perdere il controllo sotto controllo?

Mani strette, braccia tese, Andreja propone di formare un cerchio. I corpi si allungano, si tendono e, di colpo, si distendono e si rilassano. Relax arms!

Ora sono distesi totalmente per terra, sempre in cerchio, i piedi di tutti formano la base della corolla di un fiore. Devono pronunciare il più velocemente possibile un testo qualsiasi, levandosi e ritornando col busto al suolo molto lentamente: un altro esercizio di dissociazione. Speak faster and go slowly then.

 

Poi il contrario: recitare il testo lentamente con lo stesso movimento velocizzato. 
«Come quando siete ubriachi: avete la lingua impastata ma i movimenti veloci.» (Andreja)

More slowly, more fast!

 

Esercizio successivo: rotolarsi sul pavimento come se il corpo fosse pesante, terribilmente pesante. Le poids du corps. Il pavimento assorbe il peso del corpo, che è come l’impasto che viene sbattuto sul piano della cucina. 
Variazione: rotolarsi sempre più veloci, sollevandosi per un solo istante per poi tornare al suolo: i corpi sono come onde. 
«Attenzione! Il movimento deve avere una direzione, una traiettoria, voi avete uno spazio a cui dovete dare senso.» (Andreja)

 

Lo scopo di questi esercizi è generare automatismi. La difficoltà è soprattutto iniziale, perché l’automatismo deve essere generato con uno sforzo di volontà: quasi un paradosso. 
La dissociazione è un esercizio di polifonia: apre il corpo alla possibilità di linee molteplici, differenti e contemporanee. È un esercizio di alterità, un allenamento alle prospettive.

 

Esercizio sull’oggetto (una palla) e sulla meraviglia: attrici e attori si passano un oggetto invisibile, lo inseguono, lo bramano, lo trattengono fra le mani con stupore. 
E ora diventano loro stessi la palla invisibile: si passano il movimento per contatto, come se fosse qualcosa di contagioso. Il contagio provoca nell’attrice o attore che lo riceve terrore e convulsioni sempre più violente; raggiunto l’apice, il movimento contagioso si ritira progressivamente e torna alla dimensione minima, positiva, di meraviglia iniziale.

(On boit un verre? Durante la pausa si confrontano tragicomicamente lividi, storte, qualche graffio.)

 

Andreja propone adesso a due attori di improvvisare un dialogo: da posture usuali, come quelle di un dialogo fra due persone in piedi per strada, la situazione deve evolvere in qualcosa di straniante: i due attori, continuando a dialogare regolarmente, devono lasciarsi andare nel corpo a movimenti animaleschi, bestiali.

Finito l’allenamento con Andreja, alla fine della mattinata Pier Paolo propone di utilizzare la situazione creata dalla follia di Ofelia per un esercizio sulla perdita del controllo. 

 

(Anastasia mi racconta che nel pomeriggio, su indicazione di Vincent Mambachaka, i ragazzi hanno lavorato sui temi dell’oggetto simbolico e dell’evocazione del ricordo o dell’emozione legata all’oggetto. Questo lavoro è stato quindi applicato alla scena del fantasma.) 

Giorno 4

Pâte à modeler

5 maggio 2023

Foto Filippo Manzini

Mambachaka annuncia che il lavoro di oggi sarà diviso in due parti: solita mattinata di training con Andreja e pomeriggio con lo stesso Vincent e con l’applicazione degli esercizi fisici della mattina al rituale africano, anche con l’esercizio sui canti tradizionali.

 

Primo esercizio: massaggio dei corpi. Attrici e attori vengono divisi in quattro coppie. In ogni coppia c’è un corpo che subisce e uno che “opera” massaggiando, quasi impastando il corpo dell’altro che viene trascinato, tirato, spinto, gravato di peso. È un esercizio sul peso.

 

Secondo esercizio. «Camminate molto velocemente nello spazio, come se foste in uno spazio molto affollato, per esempio alla fermata Châtelet del métro o alla Gare du Nord.» (Andreja)

Rapidité vs précipitation: «Non dovete essere precipitosi (e quindi imprecisi, casuali) ma rapidi (cioè precisi).» Essere rapidi e allo stesso tempo evitare di urtare gli altri.

Variazione con esercizio di dissociazione: gli attori devono immaginare di perdere il treno e di avere una reazione mentale non naturale (commentando ad esempio allegramente il fatto).

 

E adesso si canta (e si rilassa anche il corpo), ma prima serve un testo: Andreja insegna un canto in lingua kongo agli attori. Cominciano ad impararlo per imitazione, a spezzoni. «Potevamo scrivercelo.» (Beatrice) Ma Vincent sottolinea l’importanza della memoria e della trasmissione orale nelle culture africane. 
Dopo la prova in kongo, Andreja suggerisce di cantare il testo anche in italiano: si tenta una traduzione collettiva. È un primo processo di ibridazione.

 

Oggi ho perso mio padre 
gli amici piangon con me 
oggi ho perso mia madre 
gli amici piangon con me 
tutti insieme 
eeeee piangon con me 
ooooo piangon con me 
piangon con me 
la morte piangon con me 
piangon con me 
gli amici morti con me 
… 

Giorno 5

Arrivano i Francesi

6 maggio 2023

Foto Filippo Manzini

Il bianco, il viola e il nero, il rosso sono i colori della morte ma anche della vita nei rituali africani. Vincent dice ai ragazzi che ogni movimento deve essere codificato, si tratta di un rituale. Unica eccezione è il momento della possessione. 
Il lavoro di ibridazione e ricerca sulla scena del fantasma shakespeariana e sul rito africano procede. Attrici e attori fissano modi e tempi della gestualità e dei movimenti della scena-rito del fantasma. La linea così creata viene definita prova dopo prova, in modo da essere precisa e chiara per tutti.

Arrivano i francesi!

 

Gérald e Stéphane si confrontano con Pier Paolo e Vincent sul lavoro svolto finora (scena del fantasma e cerimonia africana della morte). Gli attori provano davanti ai nuovi arrivati la linea completa della scena costruita in questi giorni. Pier Paolo, Vincent, Gérald e Stéphane si confrontano.

Pier Paolo: «Come si può costruire uno spettacolo? Forse un Amleto multiculturale?»

Mentre attrici e attori si avvicinano dopo la prova, Pier Paolo riassume il lavoro dei giorni precedenti sul fantasma.

Ci si confronta anche sul tema della possessione, diabolica per gli occidentali – Vincent ride – liberatoria per gli africani. 
Stéphane: «Dov’era il vostro sguardo nella scena del fantasma? Bisogna lavorare sullo sguardo. Lo sguardo va riempito, non deve essere asservito alla necessità dei movimenti ma sguardo e movimenti devono essere giustificati da ragioni profonde.»

Gérald: «È più importante il far sentire che il far vedere. Nel fantasma i gesti erano diversi, ma lo sguardo era uguale per tutti, bisogna lavorare sullo sguardo.»

Julie chiede a tutti: «Si tratta di un lavoro sulla “presenza”? Che sensazione avete del vostro lavoro?» 
Lorenzo: «Credo che questo lavoro sia importante per creare un rapporto tra attore e oggetto, tra attore e qualcosa che è fuori dalla scena. È stato per me più difficile ritrovare la sensazione generale data dall’oggetto simbolico quando quell’oggetto non era più in scena.» 
Pier Paolo: «Questo lavoro che per noi è esercizio di energia, di concentrazione, ecc. per loro è vita.» 

 

A partire da uno spunto di Stéphane, tutti riflettono su come gli attori africani e quelli europei si preparino ad entrare in scena. In realtà gli africani “si buttano” senza tutta la concentrazione che gli europei dedicano a quel momento particolare: sono due modalità totalmente differenti di “recitare”. 
Si misurano le differenze. 
«Mentre Ionesco Suite era come un viaggio, uno stare sempre “dentro”, qui il lavoro è più difficile perché si è dentro e fuori, dentro e fuori continuamente.» 

 

Lavoro per TENIR PAROLES.

Julie riunisce tutta la troupe, italiani africani e francesi, in semicerchio e dopo un veloce giro di presentazioni individuali, consegna i testi per lo spettacolo-esperimento-laboratorio TENIR PAROLES. Si tratterà di un esperimento di condivisione. 
Le voci e le lingue si mescolano con naturalezza. 
(Si improvvisano intanto traduzioni simultanee per agevolare la comunicazione fra tutti.) 

Giorno 6

Tenir paroles

7 maggio 2023

Foto Filippo Manzini

Un esperimento-lettura-spettacolo che unisce attori, attrici e musicisti di nazionalità diverse mediante l’attivazione performativa di testi che sono a loro volta eterogenei per forma, autori, lingua. In questo incontro fra diversità, nella miscela pirotecnica di ingredienti così vari, freschi e in parte volutamente grezzi perché assemblati, messi in contatto in un lasso di tempo breve, un solo fil rouge, una corrente diffusa che si infila dappertutto, un rumore costante di sottofondo, leggero eppure se si presta attenzione assordante: il tema dell’abbattimento dei confini.

 

Gérald assiste Julie nella costruzione della linea. Propone le direzioni degli sguardi, lo fa anche creando piccoli contesti, piccole storie perché bisogna giustificare sempre il movimento e lo sguardo. 
La costruzione della linea si precisa per piccole trovate, nate al momento, ispirate spesso da quanto succede prima in scena spontaneamente. È un misto di esperienza pregressa e di creazione del momento. 
Il tempo stringe, i testi sono troppo lunghi, il faut couper
Intanto è arrivato Emmanuel Demarcy-Mota. Raccoglie la linea per portarla alla fine. Ha già in testa la rete dei movimenti e degli sguardi, dirige la partitura, si alza tocca aggiusta gira indica, si siede e osserva.

 

Si ripassano inizio e fine delle scene. 
I ragazzi mostrano a Emmanuel la scena del fantasma. 
Si discute. 
«Recitare e rito. Vi sono chiare le differenze?» (Emmanuel) 
«Ci sono stati dei momenti in cui eravamo “dentro”.» (Beatrice) 
«Qual è stata la parte più emotiva?» (Emmanuel) 
«Il fatto di essere insieme, che fosse qualcosa di collettivo.» (Beatrice) 
«Nella possessione si era creato qualcosa.» (Francesco) 
«Il momento del canto e del rito con le candele.» (Lorenzo) 
«Quando eravamo tutti in cerchio e il dolore collettivo nel cerchio.» (Anastasia) 
«Lo scopo è capire in cosa consista questa connessione, questo collegamento, questo incontro fra vita e teatro.» (Emmanuel) 
«L’altro è in te.» (Emmanuel) 
«È importante come voi siete connessi tra di voi.» (Emmanuel) 

Giorno 7

Alberi-Amleti e Onde-Ofelie

9 maggio 2023

Foto Filippo Manzini

Pomeriggio. Arrivo per l’ultima ora di laboratorio. Disposti su due righe, le attrici e gli attori cercano il contatto con l’albero. Non un albero qualunque, ma preciso per ciascuno. Tutti parlano al proprio albero, tutti cantano al proprio albero, tendendo le braccia in avanti e poi in direzione di Pier Paolo a destra in alto e quindi in direzione di Stéphane a sinistra in alto e alla fine in avanti, tesi tutti verso Mambachaka. Fondamentale è la tensione che si crea tra i punti costituiti da Pier Paolo, Stéphane e Mambachaka. 
Fine dell’esercizio.

 

Vincent dice di aver percepito l’emozione degli attori nella giornata: «Cosa avete provato? Cosa è successo?» 
Fabio: «Ho parlato a un albero importante per me. Alcune sue cose erano le stesse mie.» 
Pier Paolo: «È evidente che il teatro di oggi sta cambiando. Se il teatro ha un senso, è e deve essere quello del sacro. Se non c’è energia è un disastro ma deve essere un’energia partagée, condivisa.» 
Vincent: «L’emozione è energia. Voi oggi siete nella verità dell’emozione. Non avete filtrato. Sans tricher.» 
Pier Paolo: «Come questo lavoro sul rito può essere utilizzato nel lavoro dell’attore?» 
Stéphane propone ora di prendere il testo di Amleto e di mescolarlo col lavoro fatto durante la giornata. Il gruppo viene diviso in attrici e attori. I tre ragazzi pronunceranno tre diversi spezzoni del testo come in loop durante l’esercizio dell’albero: 
Morire dormire e nulla più…, morire dormire e nulla più… 
Essere o non essere: questo è il problema…, essere o non essere: questo è il problema… 
Morire o dormire e poi sognare forse, morire o dormire e poi sognare forse…

 

Il gruppo delle ragazze farà la stessa cosa durante l’esercizio dell’onda con alcune frasi della parte di Ofelia: 
Dov’è la sua graziosa maestà di Danimarca? 
Come farò a riconoscere fra tanti il mio amore? 
È morto, se n’è andato, di grazia ascoltate.

 

I tre Amleti resteranno fermi in tre punti dello spazio mentre il gruppo delle Ofelie avanzerà dal fondo danzando e cantando e raggiungerà uno dopo l’altro, a turno, i tre Amleti. 
Stéphane: «È un primo tentativo. È stato molto corale. Forse si potrebbe vedere anche una sola Ofelia in un momento.» 
Si decide che per i giorni successivi i ragazzi impareranno tutta la parte di Amleto nella scena scelta, stessa cosa per le ragazze con Ofelia. 

Giorno 8

Purificazione

10 maggio 2023

Foto Filippo Manzini

Mattina. Allenamento con Emery. Esercizio delle vagues. L’obiettivo non è eseguire una coreografia ma provare uno scambio e una condivisione di energia. Prendere energia dal suolo. 
(Letizia Fuochi parla alle attrici e agli attori seduti in cerchio e racconta una storia ambientata al tempo di Cortés e della conquista dell’America. In quel tempo Malinche, una ragazza indigena, imparò lo spagnolo e divenne interprete di Cortés e poi sua amante. Da Cortés Malinche ebbe anche dei figli. Quando il conquistatore ripartì, la ragazza restò sola, venendo considerata una traditrice dal suo popolo. I suoi figli erano figli del meticciato. Letizia parla del senso di colpa di Malinche per il suo tradimento che sfociò nell’assassinio dei figli.

 

Le lacrime di dolore di Malinche sono però anche lacrime di consolazione: il proprio dolore può diventare consolazione per altri. Da questa leggenda deriva un canto molto popolare in Centro e in Sud America: la canzone della Llorona.

Letizia: «Questo è il canto del dolore, del riscatto e della consolazione. Raccontando il dolore lo si sublima, non è più il dolore di uno ma è il dolore di tutti. La canzone popolare è condivisione. Bisogna recuperare le storie e questo tipo di condivisione. Le canzoni possono nascondere dei mondi, sono uno strumento conoscitivo. La profondità del concetto si esprime anche attraverso la profondità della voce.»)

 

Riprendono gli esercizi con Emery.

Le attrici e gli attori insegnano ad Aisha e Thérèse, le due attrici camerunensi, il canto africano insegnato loro da Andreja. Stessa cosa per la scena del fantasma. Questa è linea: 
1) Nebbia con fantasma e musica di Wagner; 
2) drappi che “volano” e possessione; 
3) cerchio con canto africano; 
4) Amleti e Ofelie.

 

Si prova la parte 4 ma non riesce come ieri. Ieri c’era un’energia coesa, tesa ad un punto preciso, con movimenti delicati e potenti. Si cerca di ritrovare il canto delle Ofelie perché le ragazze non lo ricordano più in assenza di Emery. 
Pier Paolo dice che bisogna trovare un equilibrio tra le voci: quelle del canto di Ofelia, quelle delle parole di Ofelia, quelle di Amleto; bisogna anche indirizzare con precisione il lamento cantato di Ofelia. Condivisione, sguardo, energia. 
«Deve esserci qualcosa dentro, cosa avete dentro? Perché fate questo?» (Pier Paolo) 
Vincent: «Il senso all’azione può essere dato dall’idea della purificazione. Le Ofelie avanzano verso i tre Amleti perduti, li riportano alla vita e li purificano.» 

Giorno 9

Ancora Amleti e Ofelie

11 maggio 2023

Foto Filippo Manzini

Attrici e attori stanno provando la scena del fantasma completa di tutte le fasi.

 

Stéphane: «Il lavoro mi è piaciuto molto. Ora bisogna cercare la precisione in quello che fate. Come può avvenire la purificazione di ciascuno dei tre Amleti? Ogni Amleto, purificato, potrebbe seguire l’Ofelia-onda-vita. Altro aspetto: il testo deve essere comprensibile. Bisogna definire i vari momenti della linea.»

 

Si lavora a perfezionare il punto 3. Quand’è il momento preciso in cui alzarsi? Non è chiaro, bisogna fissarlo.

Punto 4. Stéphane stabilisce i volumi di voce degli Amleti. Fabio più forte, Lorenzo e Francesco più piano (a rotazione). Stéphane chiede alle Ofelie e agli Amleti di imparare le parti rispettive complete a memoria. Gli sguardi degli Amleti non devono essere persi. L’inizio della parte delle Ofelie deve suonare come l’inizio di un sortilegio. 
Si prova ancora l’inizio del punto 4. A ogni prova Stéphane chiarisce a tutte e tutti i punti della linea ancora nebulosi. Gli Amleti ascolteranno le parole delle Ofelie con sorpresa e attenzione. 
… 

Giorno 10

Conclusione

12 maggio 2023

… 
Violentissimo temporale. Riesco ad arrivare giusto in tempo per la fine del laboratorio. Stéphane sta dirigendo il lavoro: si perfeziona il testo delle Ofelie. 
Vincent: «Attenzione alle mani e alle braccia delle Ofelie che devono essere tese, devono trasudare energia, quell’energia che poi esplode sonoramente col grido di Thérèse.

 

E ora il momento della restituzione.