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Andando oltre. Intervista a Michele Placido

12 marzo 2025

di Angela Consagra

Pirandello. Trilogia di un visionario, il titolo dello spettacolo che interpreta al fianco di Valentina Bartolo, fa riferimento a una precisa caratteristica del carattere di Luigi Pirandello: questo autore viene, infatti, definito come visionario. Lo stesso nel film, Eterno visionario, da Lei diretto e dedicato alla vita di Pirandello (nel cast, tra gli altri, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Federica Luna Vicenti). 

Pirandello rimane oggi uno degli scrittori e drammaturghi più interessanti e complessi da riportare in scena. Il film Eterno visionario cerca di ricostruire un ritratto umano di Luigi Pirandello, raccontato nelle sue contraddizioni e lati più sconosciuti, attraverso tre grandi amori: la moglie, la figlia e la sua musa, Marta Abba. Forse non esiste un altro scrittore della letteratura italiana che abbia questa capacità così visionaria… Sicuramente Pirandello è un visionario per formazione – anche se siciliano, lui appartiene a una dimensione più mitteleuropea: si trasferì presto a Roma, i suoi figli sono nati in quella città e non parlava neanche con l’accento siciliano – e anche per indole personale: è un artista che guarda sempre al suo presente e al futuro, ma riuscendo al tempo stesso ad andare oltre. La sua visione del mondo è di stampo psicoanalitico: è uno che immagina molto, come i matti. Pirandello si considera, in qualche modo, un folle e i folli, si sa, sono visionari.

 

 

“Essere famosi è indubbiamente qualcosa di bello, soprattutto se si riesce a gestire bene la popolarità, in modo che diventi un mezzo per perseguire un’etica di lavoro"

 

“Luigi Pirandello è un personaggio eterno e universale, che attira e incuriosisce tutte le generazioni, perché ci parla della condizione umana"

 

Questa vostra messinscena si può descrivere, quindi, come una visione sulla realtà contemporanea?
Assolutamente sì, perché Pirandello – a differenza di tanti autori che vivono solo una stagione di successo – è ancora presente e vitale con le sue opere. Nel 2024 abbiamo celebrato il novantesimo anniversario del conferimento a Pirandello del Premio Nobel della Letteratura per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale, è uno scrittore che ha saputo sondare le profondità dell’animo umano. In particolare, lo spettacolo intraprende un viaggio emozionante nel mondo di questo grande poeta italiano, abbracciando tre delle sue opere più iconiche: L’uomo dal fiore in bocca (un atto unico scritto appositamente per il teatro, figlio della novella La morte addosso); Lettere a Marta (frutto della corrispondenza tra Pirandello e Marta Abba) e La carriola (dalla raccolta Novelle per un anno), a cui ho invece personalmente lavorato per riadattarle e arrivare a una rappresentazione sul palcoscenico. Sono tre testi che si intrecciano in un solo racconto, un collage teatrale che induce a una riflessione, mettendo in luce il labirinto delle passioni e la complessità della psiche umana. Anche negli angoli più bui della mente, laddove le maschere cadono e lasciano spazio ai sentimenti più puri dell’inconscio. C’è un fil rouge che attraversa tutti i personaggi: improvvisamente essi si estraniano da loro stessi, si guardano da fuori, con più o meno coscienza e si ritrovano, come dice Giovanni Macchia, “a poggiare l’uno sull’altro”. Si tratta di aspetti diversi dell’opera pirandelliana che dialogano premonitori con la crisi dell’oggi. Grazie all’umorismo insito nella scrittura di Pirandello, le sue opere riescono a essere sempre sorprendenti. Luigi Pirandello è un personaggio eterno e universale, che attira e incuriosisce tutte le generazioni, perché ci parla della condizione umana. Ogni parola risulta senza tempo e senza il più lontano accenno di retorica, sempre in grado di generare dubbi. Pirandello cerca di rappresentare uno spaccato di umanità cogliendolo nel suo intimo più profondo, andando ad esplorare quella che è la fragilità dell’uomo.

 

Italo Calvino sosteneva che “un classico è un libro che non finisce mai di dire quel che ha da dire”.

Sono d’accordo, i classici non vengono mai riproposti a caso e Pirandello, naturalmente, può definirsi un autore classico. Almeno secondo le intenzioni del regista e degli attori che seguono le intenzioni del regista, si mettono ancora in scena certe opere perché cerchiamo di scoprire degli aspetti nuovi o diversi rispetto alle altre edizioni precedenti: dobbiamo aggiungere la nostra lettura di uomini contemporanei, che ripropongono il testo pensando di filtrarlo attraverso delle emozioni attuali, che ci appartengono. Pirandello è un autore molto conosciuto anche all’estero: in Francia, Germania, Inghilterra o negli Stati Uniti, dove è stato girato un film bellissimo dal titolo Come tu mi vuoi con Greta Garbo. Pirandello è il nostro Shakespeare, il nostro Molière.  Anche nel cinema ci sono dei classici: film come, per esempio, Apocalypse Now o La dolce vita avranno sempre un pubblico disposto a guardarli. Magari oggi alcuni film passano sulle piattaforme e non solo al cinema, ma l’importante è che la loro visione ponga sempre, ancora e ancora, delle domande. E le storie sembrano appartenere alla realtà dell’oggi, in cui la coscienza di sé e la percezione della forma e del contenuto delle cose sono continuamente messe in discussione.

Nel mestiere di attore, raggiungere una grandissima popolarità che cosa comporta?

La popolarità fa parte del nostro lavoro, ma non è mai l’elemento primario: quando sognavo di fare l’attore non pensavo agli autografi e al fatto di apparire sul teleschermo, anche perché alla fine degli anni Sessanta non esisteva ancora il mito della televisione, anzi veniva guardata con snobismo da parte degli attori del teatro e del cinema. Essere famosi è indubbiamente qualcosa di bello e di interessante, soprattutto se si riesce a gestire bene la popolarità, in modo che diventi un mezzo per perseguire un’etica di lavoro. Ti permette di avere la libertà di scegliere i progetti, anche quelli che appaiono più difficili da un punto di vista economico, da proporre al pubblico.

 

“Si mettono ancora in scena i classici, perché dobbiamo aggiungere la nostra lettura di uomini contemporanei, che ripropongono il testo pensando di filtrarlo attraverso delle emozioni attuali”