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Favola nera. Intervista a Federica Di Martino

10 ottobre 2024

di Angela Consagra

La collaborazione che ha con Dacia Maraini fa parte di una vostra condivisione molto importante, che parte da lontano…

Questo nostro progetto teatrale è nato nel 2013, in occasione dell’uscita del libro di Dacia Maraini L’amore rubato. Si tratta di otto storie realmente accadute, casi di cronaca nera che hanno per oggetto la violenza sulle donne e che l’autrice romanza per renderle in un registro più letterario. Io leggo tutti i libri di Dacia Maraini che vengono via via pubblicati, perché amo molto la sua scrittura, e nel caso dei racconti de L’amore rubato ho riconosciuto nella narrazione una vicenda che all’epoca mi aveva fortemente colpito: lo stupro di Montalto di Castro avvenuto nel 2006. Fu un caso clamoroso – anche se poi alla fine tutto finisce per essere taciuto in questo nostro mondo, in cui siamo costantemente travolti dalla violenza – e va ricordato che il Sindaco prelevò 40.000 euro dalle casse comunali per pagare le prime spese legali degli aggressori. Partendo dal racconto di Dacia Maraini ho deciso allora di mettere in scena questa storia e poi, man mano che ne ho avuto la possibilità, ho voluto continuare ad affrontare questo argomento sul palcoscenico. Oggi dirigo una casa di produzione, la Effimera S.r.l., e credo che ognuno di noi possa contribuire con la sua attività – primariamente, per me, attraverso il teatro – a fare qualcosa. Come dice Gino Cecchettin, il padre di Giulia, la studentessa veneta di 22 anni uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta lo scorso inverno, bisogna “fare rumore” e non smettere mai di parlarne, cercando di sensibilizzare, anche con una narrazione teatrale, tutto il pubblico. Ecco perché ho scelto di produrre, in seguito, altri quattro racconti tratti sempre da quel libro di Dacia Maraini e ho chiamato ad interpretarli delle attrici che stimo: Viola Graziosi, Silvia Siravo, Lorenza Sorino e Federica Restani. Partendo da alcuni elementi scenici che rimangono comuni per tutte, a ognuna di loro è stata affidata la propria personale mise-en-scène: la scenografia ha come ambientazione sempre un elemento che richiama la Terra, utilizzando in scena la torba con forme diverse; il costume è uguale per ciascuna attrice ma con colori differenti. Volevo rendere questi racconti diversi come se fossero uno spettacolo unico, con un carattere composito e modulabile: ogni monologo ha una durata di circa 40 minuti; quindi, i testi possono andare in scena singolarmente oppure accoppiati nell’ambito della stessa serata, addirittura si può pensare di allestirli tutti uno dietro l’altro, in una sorta di ideale maratona teatrale. Quando sono passata alla realizzazione di questo progetto, mi sono concentrata subito sull’idea di uno spettacolo a più voci ma con il medesimo impianto strutturale.

È difficile, dal punto di vista dell’interpretazione, restituire sulla scena teatrale queste storie, dalla tipologia narrativa così complessa?

Affrontare questi temi è davvero molto difficile, sia in maniera evocativa che in un modo più diretto ovvero tramite il registro del cosiddetto teatro civile. Il fatto in sé è talmente potente, come si fa a renderlo in scena? Drammaturgicamente Dacia è partita da episodi di vita reale, per arrivare, in qualche modo, a distaccarsene: ha romanzato queste storie, conferendo così un’aura universale e ampliando l’orizzonte di riflessione. La strada che noi abbiamo scelto di intraprendere con Amori rubati è quella della favola nera: è presente l’elemento evocativo, non solo il lato più descrittivo.

 

 

“Drammaturgicamente Dacia Maraini è partita da episodi di vita reale, per arrivare, in qualche modo, a distaccarsene: ha romanzato queste storie, conferendo così un’aura universale e ampliando l’orizzonte di riflessione”

Federica Di Martino

 

 

Da parte del pubblico, c’è una diversità di ricezione tra maschile e femminile alla visione di questo lavoro?

Tutti i monologhi in una stessa occasione, ma divisi in tre giornate, sono andati in scena lo scorso dicembre al Palazzo delle Esposizioni di Roma, così come, per esempio, più recentemente a Napoli al Festival delle Ville Vesuviane: la rappresentazione viene recepita sempre in una maniera a tratti commovente. Un gruppo di studenti è venuto a ringraziarci: lo spettacolo riporta alla mente che questi fatti possono accadere quotidianamente, comunicando con il pubblico in una forma relativamente inusuale che spinge alla riflessione. Da spettatore, ti senti utile, anche semplicemente prendendo parte all’ascolto. Rispetto alla descrizione dei fatti di cronaca, con lo strumento del teatro si acquisisce una coscienza diversa, una consapevolezza maggiore.

 

Il teatro deve sempre assumersi una responsabilità nei confronti della società? 

La funzione del teatro parte proprio da questo assunto: si va a vedere l’azione di qualcun altro che sta sul palcoscenico e tu dalla platea, spettatore, ti rispecchi in ciò che vedi. Cercando di essere migliore.