Il tempo delle parole. Intervista a Valerio Mastandrea
07 gennaio 2025
di Angela Consagra
Partendo dal titolo, Migliore: chi è il “migliore”? Come descriverebbe il protagonista, che è il riferimento dello spettacolo?
Un uomo semplice e indifeso, pieno di fiducia verso il prossimo, a cui viene chiesto di essere migliore quando per migliore si intende allinearsi ai codici di comportamento che prevalgono nel mondo moderno. Prevaricazione, spietatezza e individualismo feroce.
Questo spettacolo parte da lontano: com’è nata, proprio l’idea originaria, di mettere in scena il testo di Mattia Torre e in che modo è cambiata, nel corso del tempo, l’interpretazione?
Mattia voleva raccontare la parabola ascendente di un uomo che, per la sua natura sincera, leale e pura, era abituato a perdere. E credo volesse sottolineare come oggi per occupare un posto da "dirigente" nel mondo (non solo da un punto di vista professionale) ti venga chiesto di rinunciare a quello che sei. L'unico aspetto che non è cambiato, in questi venti anni, è il tema violentissimo del testo. Per il resto, in tanti anni si cambia come persone e anche come attori, non so se in meglio o peggio. Oggi forse riesco a godermi di più il tempo delle parole, e sperimento (l'ho sempre fatto, ma più per il tipo di attore che sono che per altro) intenzioni nuove su identici passaggi del testo. Riesco a giocare di più, forse. Ma spero che non se ne accorga nessuno.
È vero che sarà l’ultima volta che porterà in scena questo monologo e che poi ne curerà, invece, la regia?
Sì, credo che siamo arrivati alla fine di questa lunga strada fatta insieme. E che ora serva la giusta distanza, per farla continuare a percorrere a qualcun'altro.
“Il Pubblico è questo, una componente attiva dello spettacolo che fai: sentirlo attento e coinvolto plasma lo spettacolo e lo rende ogni sera unico.”
Valerio Mastrandrea
Al di là della riflessione, anche molto amara, sulla realtà in cui ci ritroviamo a vivere: questo spettacolo mantiene comunque una speranza nel futuro?
È una cosa che vorrei provare a far passare in questa ultima mia edizione. Ho chiesto "idealmente" il permesso a Mattia, perché credo che ne avremmo parlato e saremmo convenuti in una decisione simile. È una cosa sottile, spero che questa, al contrario dei miei "giochetti”, venga colta.
Tra teatro e cinema, la preparazione alla scena viene vissuta diversamente? In particolare, come vive il tempo del camerino che precede il momento dello spettacolo e il conseguente incontro con il pubblico?
La solitudine dell'attore è una condizione che incontriamo tutti. E non è esclusivamente relativa al camerino e alla tensione che si accumula in quelle quattro mura. Si corre il pericolo di sentirsi soli davanti al pubblico e, questo, è ciò da cui sono sempre stato terrorizzato nella mia breve esperienza teatrale. È come fare l'amore in due ma da soli. Non mi piace come sensazione e devo dire che non l'ho provata spesso, però quelle poche volte me le ricordo.
L’applauso finale, per un attore, che tipo di emozione è? Qual è la parte più emozionante nell’interpretazione di uno spettacolo dal vivo?
Stare col pubblico, in contatto costante. E fare del racconto e della scena lo spazio comune, dove chi interpreta e chi fruisce possono vivere la stessa forza di questa esperienza, anche se in forma ovviamente diversa.
Il pubblico: che cos’è? Una sua definizione.
Mi è capitato di recitare al Sistina davanti a 1300 persone e all'Argot di Roma, quando ho iniziato, davanti a 3 spettatori... Senza fare retorica, non era la stessa cosa. Ma il dovere e il piacere di recitare, anche solo per uno di loro, sono sempre stati gli stessi. Il Pubblico è questo, una componente attiva dello spettacolo che fai: sentirlo attento e coinvolto plasma lo spettacolo e lo rende ogni sera unico. Questo è il mio pensiero, di uno che comunque di teatro ne ha fatto poco, ci tengo a sottolinearlo.
Che cosa significa mettere in scena oggi, in questo inizio 2025, un testo scritto e diretto da Mattia Torre? C’è un ricordo o un’immagine che più si porta dietro di lui?
Sono passati vent'anni esatti da quando provavamo e cercavamo Migliore, a casa sua. La regia di questo spettacolo è stata definita dal minuscolo salotto in cui ci muovevamo. L'unico ricordo che mi accompagnerà, durante questo ultimo giro, è questo. Il tempo che è passato insieme e quello senza. Quello che è stato e che sarebbe potuto continuare ad essere. Le solite frasi quando ti manca qualcuno.