L’artigianalità del teatro. Intervista a Paolo Valerio
22 marzo 2025
di Angela Consagra
In questa commedia Goldoni affida al mondo delle donne un ruolo risolutivo: seguendo questa chiave femminile ha impostato la regia dello spettacolo?
In realtà Sior Todero Brontolon è un testo al femminile; la grande protagonista dell’opera – sia nella storia della nascita di questa commedia che nella scrittura di Goldoni – è Marcolina. La sua è una parte fondamentale e preponderante rispetto anche al personaggio di Sior Todero, la figura che dà il titolo allo spettacolo. L’universo femminile è vincente se confrontato con i personaggi maschili: le donne sono sicuramente più intuitive, perché hanno la capacità di prevedere certi aspetti e di trovare delle soluzioni risolutrici. Le donne risolvono i conflitti e, in qualche maniera, riportano questa commedia verso un lieto fine. L’aspetto più interessante, che avviene spesso nel lavoro dei grandi drammaturghi come Goldoni o anche, per esempio, Shakespeare, è la capacità di entrare nel percorso emotivo di un personaggio, di approfondirlo e farlo sbocciare. Se pensiamo proprio agli uomini descritti da Shakespeare, in genere appaiono più speculativi e, tante volte, ambigui o maldestri, mentre la figura femminile si presenta sempre concreta e sostanziale.
“L’aspetto più interessante, in grandi autori come Goldoni o Shakespeare, è la capacità di entrare nel percorso emotivo di un personaggio, di approfondirlo e farlo sbocciare"
La parte più umoristica del testo di Goldoni permane nella messinscena?
Il genio di Carlo Goldoni ha costruito tutti i personaggi conferendo loro un grande peso narrativo, sono sempre ironici e anche autoironici. Ho lavorato molto sul lato linguistico del testo perché è scritto in veneto; quindi, si tratta di un’altra lingua rispetto all’italiano. Però, dove talvolta non si comprende la parola, sempre più si capisce l’intenzione del personaggio: ciò accade nei dialetti, da considerarsi come lingue universali. L’utilizzo di questo dato linguistico provoca un grande divertimento, anche sulle relazioni che nascono in scena. La versione storica più famosa di Sior Todero Brontolon ha come protagonista il veneziano Cesco Baseggio, che ne ha fatto una rappresentazione in veneto indimenticabile.
Noi, grazie alla drammaturgia di Eduardo e anche alla televisione, siamo abituati ad ascoltare il napoletano, mentre altri dialetti risultano più lontani. Inoltre, ho scelto di ambientare lo spettacolo in un retropalco di una famiglia di marionettisti: mi piaceva l’idea che ci fosse come un grande marionettista, in scena Franco Branciaroli, che soprintende i movimenti di tutti. Lui pensa di comandare, ma alla fine ci si rende conto che non controlla niente: anzi, questo protagonista viene comandato. Le marionette - ovvero I Piccoli di Podrecca - sono fantastiche. Questo teatro con le marionette fu fondato nel 1914 a Roma da Vittorio Podrecca, originario di Cividale del Friuli. La Compagnia ha raggiunto nel tempo una fama internazionale e la collezione è arrivata a contare più di mille marionette… Il mese scorso siamo stati a Madrid, in una grande mostra al Museo Reina Sofia, con il Podrecca on the Road: un bellissimo furgone attrezzato, che diventa teatro itinerante, con cui i marionettisti portano lo spettacolo nelle piazze. Queste marionette hanno girato il mondo: amate da Hemingway e da Re Carlo… Sono dei beniamini dell’umanità.
L'artigianalità del teatro vince ancora su tutto?
È totalmente vincente; infatti, i nostri attori hanno dovuto, oltre ad affrontare le prove per la costruzione dei vari personaggi, imparare a diventare anche dei marionettisti. In Compagnia è presente una vera marionettista, ogni attore ha il suo alter ego-marionetta, il suo doppio. Sono innamorato di questi piccoli capolavori con un’anima: le marionette, appunto, e nella nostra messinscena il corpo dell'attore diventa il corpo della marionetta. Anche le marionette hanno una loro sensibilità, una loro sensualità e un loro mistero. Talvolta esse agiscono come il personaggio, mentre altre volte non sono d’accordo. Ogni attore ha un diverso modo di rapportarsi alla marionetta: chi è più affettuoso e se la abbraccia, chi è più distaccato e la vive come fosse un altro da sé, un corpo aggiunto (ricordando i meravigliosi fantocci usati da Kantor). Esistono differenti attitudini alla marionetta, siamo partiti dai fili che la muovono: il ponte a cui sono attaccati i fili per noi è stato un oggetto importante, perché è lo strumento da cui le marionette vengono azionate.
Le marionette hanno due possibilità: la prima è lavorare sul ponte, un movimento classico dei marionettisti e che costituisce gran parte della nostra scena; la seconda invece è lavorare a mano, come, per esempio, da molti anni fa il Maestro Cuticchio con i suoi pupi. Ciascun attore ha trovato dall’interno, con uno studio fatto anche in maniera originale e personale, la sua via alla marionetta. E in alcune scene corali tutte le marionette festosamente lavorano insieme.
“Ogni attore ha trovato, con uno studio fatto in maniera originale e personale, la sua via alla marionetta. E in alcune scene corali tutte le marionette festosamente lavorano insieme"
E Franco Branciaroli, grandissimo attore, che rapporto ha con le marionette?
Franco, essendo il grande manovratore della storia, ha invece un rapporto diverso. Lui non le muove, ma ne è avvolto. Sta fermo nel suo luogo deputato sul palcoscenico, una grande poltrona, e viene visitato dalle marionette. Branciaroli non aziona le marionette, ma le governa.
Se dovesse spiegare che cos'è per Lei il pubblico, cosa direbbe?
Ti rispondo pensando a questo spettacolo nello specifico: il pubblico è davvero l’anima del teatro, c’è un filo diretto che lega attori-scena-personaggi-spettatori. Tra i personaggi e il pubblico il dialogo è aperto: il pubblico è complice di ciò che succede sul palcoscenico, i personaggi si confidano e dalle reazioni del pubblico nasce il senso dello spettacolo. Ogni sera, naturalmente, le persone sono diverse e gli attori imparano ad affinare questo rapporto sempre unico. Lo spettacolo è assolutamente un work in progress. E, soprattutto, voglio ringraziare di cuore la felice ospitalità del Teatro della Pergola e il Direttore Generale Marco Giorgetti, per me un compagno di viaggio e come un fratello: portare Goldoni in questo teatro nazionale, nel Gotha del teatro italiano, è una fortissima emozione.