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L'ingresso in un nuovo mondo. Intervista a Francesco Pannofino

23 gennaio 2025

di Angela Consagra

Come risponderebbe alla domanda che dà il titolo a questo spettacolo?

Chi è io? è un testo molto originale, scritto da Angelo Longoni, che è anche il regista dello spettacolo. Sul palcoscenico si vive uno show abbastanza delirante, specchio del delirio che vive quest’uomo in fin di vita, il professore Leo Meyer: un grande intellettuale e psichiatra, impegnato in alcune sedute con i suoi pazienti che altri non sono che il figlio, la moglie e l’amante. Ci troviamo all’interno di questo bizzarro show – in cui tentiamo anche di fare della satira sulla televisione che ci circonda – e Meyer presenta al pubblico il suo ultimo libro. Le scene dello show si alternano alle sedute psichiatriche e tutto viene accompagnato da momenti in cui il protagonista rivede un po’ la sua intera esistenza, come se fosse un continuo flashback. Alla fine, si dipana la matassa e i personaggi vengono svelati: sono le persone a cui lui tiene di più. Fortunatamente il personaggio si salva; si tratta di un percorso piuttosto intrigante e il pubblico può immedesimarsi in ciascuna delle situazioni, nei vari dialoghi che si vengono a creare. Il registro utilizzato per il linguaggio, e il tema dell’intero spettacolo, direi che sono assolutamente riflessivi, anche se non mancano momenti di ilarità per le battute e i paradossi presenti nel testo. Portiamo avanti questo spettacolo già da due stagioni, siamo vicini alle cento repliche che raggiungeremo proprio a Firenze, e ci sono sempre degli spettatori che a fine spettacolo continuano a parlarne e ragionare. È uno spettacolo che induce alla riflessione, dal carattere originale: non si arriva a teatro e si assiste alla classica commedia e, anzi, io ho proprio voluto affrontare una drammaturgia più rischiosa e dai temi profondi, scritta da un autore contemporaneo. Occorre aiutare la drammaturgia contemporanea italiana: quando Angelo Longoni mi ha fatto leggere questo suo testo ho contattato subito Marco Balsamo, l’impresario. Ne ha capito immediatamente il potenziale e ha accettato di produrre questo progetto. Inoltre, c’è tutta la famiglia in scena - Emanuela Rossi che è mia moglie, mio figlio Andrea Pannofino ed Eleonora Ivone, moglie di Angelo Longoni – e questo aspetto crea armonia come gruppo, aumentando l’energia. 

“La risata del pubblico è come una droga, un appagamento totale, perché significa che il tuo lavoro è arrivato davvero, in maniera tangibile. Anche il silenzio è molto importante: come un filo immaginario ti collega ad ogni spettatore.”

Francesco Pannofino

 

 

Questo testo di Angelo Longoni indaga la realtà, così come la fantasia di un essere umano: si tratta di un’opera dai toni, in qualche modo, pirandelliani?

La realtà viene alterata dallo stato fisico in cui si muove il personaggio, sono cose che avvengono nella sua immaginazione ma tutte verosimili. Non c’è niente che possa essere spiegato alla perfezione: lui ha a che fare con i suoi affetti più cari che vive attraverso queste sedute psichiatriche, in uno show strampalato. Abitiamo la fantasia del protagonista, però allo stesso tempo non siamo lontani dalla realtà. Sogno e irrealtà, ma presenti nella vita vera, un po’ come nelle opere di Pirandello.

 

Per un interprete in scena, è più emozionante sentire la risata del pubblico o avvertire l’attenzione degli spettatori, anche attraverso un assoluto silenzio?

Sono due emozioni profondamente diverse: la risata del pubblico è come una droga, un appagamento totale, perché significa che il tuo lavoro è arrivato davvero, in maniera tangibile, dal palcoscenico alla platea. Però, anche il silenzio è molto importante: si affrontano in scena tematiche serie e nessuno si distrae, i telefonini tacciono… È un silenzio che, come un filo immaginario, ti collega indissolubilmente ad ogni spettatore. Impossibile scegliere tra queste due sensazioni: il teatro è la somma di entrambe. In particolare, il Teatro della Pergola è uno spazio prestigioso, dove un artista si sente veramente onorato di toccare quelle scene. Soprattutto, la Pergola si trova nella città di Firenze: un museo a cielo aperto, quindi è come tuffarsi continuamente nella bellezza, che è ovunque. La qualità della vita non è solo ciò che mangi o che frequenti, ma anche quello che vedi appena ti svegli la mattina e vai in giro per le strade.

Si affida a dei riti scaramantici prima di entrare in scena per esorcizzare, così, l’incontro con il pubblico? 

Io, quando sto dietro le quinte e aspetto che arrivi il mio turno per entrare in scena, non vedo l’ora di essere sul palcoscenico: ti sale dentro quel desiderio che è intrinseco ad ogni attore, senti la presenza del pubblico che sta in sala e vuoi fortemente questo incontro. Non credo di avere dei riti scaramantici particolari, sono piuttosto quelle abitudini seguite un po’ da ogni Compagnia: cercare di evitare tradizionalmente il colore viola, dire Merda!, Merda! tutti insieme prima di cominciare lo spettacolo oppure prendere sempre un caffè, fumare una sigaretta alla mezz’ora dalla recita. Il momento del camerino, per me, è importante non tanto per concentrarsi, ma proprio per stare un momento isolati: penso, leggo, le chiacchiere e la confusione devono rimanere lontane. Ci si avvicina al tempo del palcoscenico, è l’ingresso in un nuovo mondo.

 

 

“La Pergola è uno spazio prestigioso, in cui un artista si sente veramente onorato di toccare quelle scene. E il teatro si trova nella città di Firenze: un museo a cielo aperto; quindi, è come tuffarsi continuamente nella bellezza, che è ovunque.”

Francesco Pannofino

Foto Salvatore Pastore