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Mai smettere di sognare. Intervista a Mariangela D'Abbraccio

07 febbraio 2025

di Angela Consagra

Lo spettacolo Lo zoo di vetro può definirsi, a tutti gli effetti, un classico.

È un testo classico e, dunque, riguarda non solo il passato, ma è capace di parlare ad una dimensione che appartiene alla realtà contemporanea. Ho interpretato tanti classici e mi sono sempre sentita nell’attualità della nostra società. Un classico parla di cose che ci riguarderanno per sempre, non si tratta di una moda o di un trend: si affronta l’essere umano; i più grandi autori scrivono della nostra condizione su questa Terra e inducono alla riflessione su noi stessi, sul rapporto che instauriamo con gli altri.

 

E, in particolare, Tennessee Williams in che modo parla al pubblico contemporaneo?

Sono al mio quarto Tennessee Williams, penso di essere l’attrice che lo ha interpretato più volte in Italia. È un autore che amo molto, indaga l’animo umano e ha scritto dei ruoli meravigliosi per le attrici.  Lo sento molto vicino, perché entrambi apparteniamo al Sud: io sono napoletana e lui era un americano del sud; quindi, abbiamo vissuto gli stessi sentimenti e contraddizioni, il medesimo modo di affrontare le passioni, sia nei drammi che nella parte più ironica della vita. Tennessee Williams è un autore che ci appartiene, tocca certe corde di noi italiani: non a caso il suo modello di attrice, una sua amica, è stata Anna Magnani. La rosa tatuata, per esempio (che ho interpretato in passato), era stata scritta per Anna Magnani, un mito assoluto. La rosa tatuata è un testo che contiene in sé anche il ricordo della scrittura di Eduardo De Filippo: l’intreccio con il sentire italiano è costante. Lo zoo di vetro è una tra le pièce più rappresentate al mondo, ed è autobiografica; Williams parla di sé e della sua famiglia: la sorella, la madre, l’esistenza senza il padre. È la sua prima commedia, in precedenza aveva scritto degli atti unici, mai un testo così elaborato e compiuto. Solo in seguito arriveranno gli altri grandi capolavori come, per esempio, Un tram che si chiama Desiderio. Lo zoo di vetro presenta una scrittura rivoluzionaria: è un teatro che si esprime sempre a partire dall’interno del testo, per approdare poi a un occhio più esterno. Il narratore è anche uno dei personaggi del dramma: in questa edizione è Gabriele Anagni, che nello spettacolo interpreta mio figlio. Una scrittura modernissima, soprattutto per l’epoca: si raccontano i fatti e si vivono, con una fluidità costante; la voce del narratore entra ed esce continuamente dalla storia. Il ruolo della sorella - in questo spettacolo, Elisabetta Mirra – è fondamentale: Williams amava molto sua sorella, che era affetta da gravi problemi mentali e si arrivò perfino a utilizzare l’elettroshock. In scena anche Pavel Zelinskiy: sono tre giovani attori pazzeschi, che mi accompagnano sul palcoscenico in maniera fantastica. Una bella Compagnia, proprio sotto il profilo della personalità: sono persone, con un grande talento.

“Una scrittura modernissima, soprattutto per l’epoca: si raccontano i fatti e si vivono, con una fluidità costante; la voce del narratore entra ed esce continuamente dalla storia.”

Mariangela D'Abbraccio

 

 

E se dovesse descrivere il suo personaggio: Amanda, che donna è?

Amanda è una contraddizione vivente. È una donna che ha subito un importante shock: il marito è sparito e non è più ritornato. L’ha lasciata con i figli, lui li ha abbandonati. Dobbiamo pensare che questo è un testo degli anni Quaranta, allora era ancora più grave rimanere da sole a gestire tutto. Una donna che vive questo buco nero della perdita, di un marito che amava e credeva di avere per tutta la vita accanto a sé. Una donna ferita, ma anche caratterizzata da tanti colori: è violenta e allo stesso tempo dolce, è tenera perché disperata. Ama questi figli, però diventa una figura materna che riversa su di loro il dolore della perdita del padre. Nel testo ci sono delle battute molto ironiche, quindi è un personaggio anche buffo e complesso. Tutti i personaggi femminili di Tennessee Williams sono pieni di vita, anche se appaiono in tutta la loro debolezza. Immerse in una situazione drammatica da affrontare, ma con una natura forte: sono donne che sperano e sognano. Zoo di vetro è la pièce del desiderio. Non c’è niente di realistico: è la pièce del sogno. Le donne di Williams seguono la poetica della speranza: credono sempre che il domani possa migliorare, anche tutto in un colpo. Pure se si occupano di faccende quotidiane e lotte tragiche, di scontri violenti all’interno della famiglia, appena avvertono la nota della speranza diventano donne nuove. Penso che questo aspetto possa toccare gli spettatori: nella vita non bisogna mai smettere di sognare e avere dei desideri, altrimenti si muore. In una società come la nostra, in cui specialmente i giovani non credono per niente nel futuro - dove tutto è cupo e chiuso, già scontato nella sua pragmaticità – sembra quasi naturale che non si creda più nel futuro. Ecco perché testi come Lo zoo di vetro, da questo punto di vista, appaiono rivoluzionari.

Il pubblico: che cos’è? Una sua definizione.

Io mi sento sempre insieme al pubblico. È il pubblico stesso che mi permette di rivelare una parte di me, che non sapevo neanche di possedere: gli spettatori sono il mio specchio. Spesso sono loro a indicarmi la strada. È come se rappresentassero un’altra nota che suona, con me, sul palcoscenico. Il pubblico è fatto di tante persone che si uniscono nello stesso momento, si forma così un’identità teatrale. 

 

 

“Un classico parla di cose che ci riguarderanno per sempre, non si tratta di una moda: si affronta l’essere umano.”

Mariangela D'Abbraccio

 

 

Questo ritorno al Teatro della Pergola: che emozione è per Lei?

Ho iniziato questo mestiere dalla Pergola, insieme a Luca De Filippo, c’era ancora Eduardo che ci dirigeva… Il Teatro della Pergola per me è come una casa, ma costituisce anche un appuntamento importante. È un palcoscenico che comunque ti mette addosso, ancora oggi, una certa adrenalina.

Foto Michele Crosera